Il goffo tentativo di colpo di stato nella Repubblica Democratica del Congo: le infiltrazioni straniere e i selfie prima di morire

La martoriala Repubblica Democratica del Congo ha vissuto un altro capitolo difficile della sua storia. All’alba di domenica 19 maggio un pugno di uomini ha preso d’assalto il palazzo presidenziale e poi l’abitazione di Vital Kamerhe, vice primo ministro. Il gruppo guidato da Christan Malanga ex militare e fondatore di un partito politico attivo nella diaspora congolese in giro per il mondo, ha ripreso la sua azione mostrando bandiere dello Zaire ed inneggiando all’ex dittatore Joseph Desirè Mobutu.

Questo gruppo al grido di slogan per la ricostituzione dello Zaire, crollato nel 1997 sotto i colpi dell’avanzata di Laurent Kabila e dei ruandesi, ha occupato il palazzo presidenziale completamente vuoto nel cuore della notte per poi dirigersi verso la casa di Kamerhe dove c’è stato uno scontro con la polizia congolese. Le Fardc (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo) sono rapidamente intervenute stroncando sul nascere questo goffo tentativo di colpo di stato che in realtà non aveva nessuna possibilità di successo. Neutralizzati in poche ore i presunti golpisti sono stati arrestati, mentre Christian Malanga è rimasto ucciso negli scontri con le forze speciali di Kinshasa.

Fra gli arrestati spiccano anche due americani bianchi e un congolese con cittadinanza britannica, oltre a Malanga e suo figlio che sono cittadini statunitensi. Il portavoce dell’esercito generale di brigata Sylvain Ekenge ha parlato alla nazione rassicurando la popolazione che la situazione è totalmente sotto controllo ed il tentativo di colpo di stato neutralizzato. Dalle immagini rimbalzate nella rete però questo gruppetto sembra davvero più folkloristico che realmente pericoloso, anche se brandiscono armi e mezzi militari sicuramente arrivati dall’esercito congolese, notoriamente pieno di falle. Il generale Ekenge ha parlato di infiltrazioni straniere e di una regia estera per prendere il potere nella Repubblica Democratica del Congo con la forza, un fatto già più volte accaduto in passato e che non apparirebbe come impossibile.

Il pensiero di molti è subito corso al Ruanda che dopo la rottura politica con il presidente Felix Tshisekedi sta aumentando le pressioni nelle province orientali del gigante africano per destabilizzarlo. Il politico francese di sinistra Jean-Luc Melenchon ha pubblicamente accusato il Ruanda di essere il regista di questo grossolano tentativo di rovesciamento del potere a Kinshasa, ma al momento mancano le prove e soprattutto la metodica lascia molti dubbi sulle reali possibilità di successo di questo colpo di mano. Perché attaccare un palazzo completamente vuoto? Perché puntare ad un’abitazione privata che non ha un significato politico? Perché non pensare di prendere il controllo della televisione nazionale per annunciare al paese un cambio di regime? Perché non coinvolgere una parte delle forze armate, spesso scontente e sottopagate? Tanti, troppi dubbi per credere che questo golpe avesse un minimo di speranza di avere successo anche in un paese fragile come quel gigante dai piedi d’argilla che è la Repubblica Democratica del Congo.