Albania, atto due. La sentenza della Cassazione del 19 dicembre è benzina per il governo, che vuole riattivare subito i centri di Shëngjin e Gjadër per contrastare l’immigrazione irregolare. La Corte ha sottolineato che il giudice ordinario «non può sostituirsi al ministro degli Affari esteri» e che – salvo casi specifici ed eccezionali – «non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale». E così l’esecutivo si sente rafforzato sull’elenco dei paesi sicuri.

Ieri a Palazzo Chigi si è tenuta la riunione convocata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Al vertice hanno partecipato i ministri Antonio Tajani (Esteri), Matteo Piantedosi (Interno), Guido Crosetto (Difesa) e Tommaso Foti (Affari Ue), oltre il sottosegretario Alfredo Mantovano. Al centro dell’incontro, durato circa 40 minuti, è finito il dossier Albania. È stata l’occasione per ribadire che non si può fare mezzo passo indietro, e che dunque bisogna andare avanti. L’obiettivo resta lo stesso: velocizzare non solo le procedure di riconoscimento della protezione a chi ne ha diritto, ma anche (e soprattutto) quelle del rimpatrio di chi non possiede i requisiti necessari. Dunque, insieme ai partner europei e in linea con le Conclusioni del Consiglio Ue di giovedì scorso, si continuerà a lavorare «sulle cosiddette “soluzioni innovative” al fenomeno migratorio». Ed è stato sottolineato che è emerso «forte consenso» nel corso della riunione promossa insieme ai primi ministri danese e olandese con gli Stati membri più interessati al tema.

Il vicepresidente Tajani non ha dubbi: «Abbiamo avuto una sentenza della Corte che conferma la bontà delle nostre scelte, continueremo a lavorare in questa direzione con grande serenità e serietà». Anche Piantedosi è ottimista: quando funzioneranno a pieno regime, i centri in Albania, al pari di quelli realizzati in Italia, «potranno sul lungo periodo produrre effetti importanti soprattutto per chi viene accolto ma non ha alcuna prospettiva di integrazione».

L’opposizione rilancia. Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, punta il dito contro Meloni: «Si fermi, meglio ammettere i propri sbagli che far pagare questo prezzo agli italiani». Il Movimento 5 Stelle parla di «propaganda che non risolve nulla». Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, va all’attacco: «Sicuramente è più facile credere a Babbo Natale che all’utilità dei centri albanesi. Ormai però la premier si è incaponita. Vuol farli funzionare a tutti i costi. E pensare che anche ove riuscisse a farli funzionare, non servirebbero a nulla».