“Il M5s ha bisogno di una leadership forte”: Di Maio vuole far fuori Vito Crimi?

Italy's Foreign Minister and 5-Star Movement leader Luigi Di Maio, left, embraces his successor Vito Crimi at a meeting in Rome, Wednesday, Jan. 22, 2020, where Di Maio stepped down as party leader following a string of parliamentary defections, falling poll numbers and questions about the movement's future. Luigi Di Maio said he had finished his work, that an era had ended, and that he would trust his successor to lead the party going forward. (AP Photo/Andrew Medichini)

Non è un attacco al reggente Vito Crimi. Anzi, “il sostegno è totale a Vito Crimi”. Luigi Di Maio spiega che “non è una critica” eppure le sue parole invocano un cambio di passo all’interno del Movimento Cinque Stelle. Per il ministro degli Esteri i pentastellati “hanno bisogno di una leadership forte, legittimata e votata per guidare la settima potenza mondiale”, “che sia corale o che sia unica”.

Di Maio ha rilasciato le dichiarazioni a margine del Forum Ambrosetti di Cernobbio. E nonostante le parole concilianti verso l’attuale reggente, apre un altro argomento di dibattito all’interno del Movimento. Che in questi mesi è tutto un sottosopra. Lo scorso 14 agosto sono state approvate (con due Sì) la modifica al limite dei due mandati e le alleanze locali con i partiti tradizionali attraverso il voto sulla piattaforma Rousseau. Due pietre miliari sulle quali i pentastellati hanno costruito la loro ascesa da Movimento anti-politica a partito di governo. Di Maio in quel caso aveva osservato come quell’inversione di rotta ideologica avesse sancito l’inizio di “una nuova era nella partecipazione alle elezioni amministrative. Includere e aggregare saranno le vie da percorrere, rispettando e difendendo sempre i nostri valori”.

LA DIPLOMAZIA – Di Maio, nel suo intervento al forum, ha invocato “una rafforzata collaborazione internazionale, con particolare riguardo al sostegno a un multilateralismo basato su regole chiare e condivise e sulla centralità dell’Unione Europea“. Nemmeno Bruxelles, dunque, fa storcere il naso al candidato premier alle elezioni nazionali del 2018. “È nostro interesse – ha aggiunto in un altro passaggio – che siano ridefinite regole del commercio che favoriscano scambi equi ed evitino una nuova stagione di protezionismo. Abbiamo bisogno di crescita, non di guerre commerciali”. E sulle instabili fondamenta del governo giallorosso il ministro ha glissato: sull’eventualità che in caso di vittoria del “No” al referendum sul taglio dei parlamentari i prossimi 20 e 21 settembre, ha nicchiato: “Non ci penso, siamo concentrati sulla campagna per il sì”.