L'editoriale
Il manifesto di Ventotene, il trattato istitutivo dell’Unione e nessuna possibilità di recuperare l’approccio riformista di Spinelli

Il capolavoro politico di Altiero Spinelli non fu tanto il Manifesto di Ventotene, ma qualcosa di molto più concreto: il progetto di trattato istitutivo dell’Unione Europea, approvato con un’ampia maggioranza il 14 febbraio 1984 dal Parlamento europeo. Egli svolgeva la funzione di presidente della Commissione Affari istituzionali. E, con grande abilità politica, riuscì a far convergere su quel testo tutte le forze politiche. Votarono a favore non solo i comunisti, ma anche Giorgio Almirante.
Quel testo non aveva nulla che richiamasse il federalismo, ma anticipava tutte le novità che poi saranno riprese dal Trattato di Maastricht e, per ultimo, dal Trattato di Lisbona. Quel progetto fu tradito dai capi di Stato e di governo che pure avevano dato l’assenso all’iniziativa di Spinelli. Commisero, infatti, l’errore di non passarlo ai Parlamenti nazionali per la ratifica. Lo lasciarono, invece, nelle mani delle diplomazie. Le quali lo declassarono da trattato costituzionale, che delineava una vera entità sovranazionale, a trattato intergovernativo.
Spinelli, prima di morire, suggerì, in modo pragmatico, una soluzione per superare la difficoltà. “Alle prossime elezioni europee – disse – fate esprimere agli elettori un mandato al Parlamento di approvare un trattato costituzionale”. Quando votarono per il rinnovo del Parlamento europeo, il 18 giugno 1989, gli elettori trovarono nei seggi una scheda in cui era scritto: “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione dotata di un governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di costituzione da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?”.
Per quel referendum di indirizzo, non espressamente previsto dalla Costituzione, il Senato qualche mese prima aveva definitivamente approvato (con voto unanime, dai comunisti ai missini) – dopo le precedenti votazioni (tutte all’unanimità) sia a Palazzo Madama che a Montecitorio – la legge costituzionale che lo avrebbe reso possibile. Al voto partecipò l’80,68% degli elettori. I sì furono l’88,03% dei votanti.
Quale lezione ce ne viene per l’oggi? Se non si sottrae la fondamentale questione dell’integrazione europea dalle grinfie dei populismi di destra e di sinistra, dediti ad azzuffarsi per soddisfare gli appetiti delle rispettive tifoserie, non ci sarà alcuna possibilità di recuperare l’approccio riformista di Spinelli. Il quale non amava rincorrere le utopie e lanciare slogan, ma lavorava in modo certosino per trovare soluzioni di compromesso in cui tutti potessero riconoscersi. L’unità europea non è né di destra né di sinistra. Questa è la grande lezione di Spinelli che ci può essere utile per affrontare le sfide esistenziali della contemporaneità.
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