Per troppi anni un imbarazzante e strumentale silenzio ha coperto il massacro consumato nelle foibe, in danno di italiani di ogni età, di ogni sesso, di ogni persuasione politica. Un dramma nascosto, occultato dalla cattiva coscienza di un Paese che per certa memoria sembrava scarseggiare. Un dramma che invece viene oggi non semplicemente rammentato, a beneficio delle vittime e dei loro parenti, degli esuli, degli studenti, della politica, ma anche e forse soprattutto dei semplici cittadini che ancora rubricano quella vicenda quasi a refolo di vento, a vendetta o, peggio ancora, quasi a burla, ma vivificato e reso nella realtà del suo più cupo orrore dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Nel suo solenne discorso, toccante, a tratti feroce come solo la verità sa e può essere, il Presidente Mattarella, alla presenza, tra gli altri del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dei ministri Antonio Tajani, Guido Crosetto, Matteo Piantedosi, Gennaro Sangiuliano, Andrea Abodi, ha levigato il monumento alla memoria delle migliaia di italiani che senza alcuna colpa, sul finire della guerra e quando questa fu terminata, vennero massacrati. Uccisi, infoibati, torturati, violentati, espulsi dalle loro case e dai loro terreni, e non per vendetta, non per i torti subiti, dice il Presidente, come pure una certa vulgata riduzionista ha per anni lasciato intendere.

Il Presidente Mattarella snuda il disegno sistematico, crudele, criminoso, che travolse italiani che con il fascismo non avevano mai avuto nulla a che fare. Una storia invisibile sui libri di testo, nelle conferenze, sui giornali. E che oggi il Presidente rievoca nel modo più forte.
“Un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità” il severo giudizio del Presidente su questo silenzio.
Ed è sconvolgente pensare che per decenni questo autentico muro di gomma abbia relegato le vittime quasi al ruolo di carnefici, in spregio a qualunque canone di pietas.