Putin (forse) risveglia l'Europa
Il massacro di Sumy e il piano Kallas per sostenere l’Ucraina: Germania pronta con missili Taurus, Meloni annuncerà il 2% di spesa militare
La strage è finita al centro del Consiglio Ue degli Affari esteri. Bruxelles studia nuove mosse contro la Russia. Il progetto dell’Alto rappresentante torna sul tavolo: altri miliardi per sostenere Kyiv e fare pressioni su Mosca

Il Consiglio Ue degli Affari esteri si è riunito ieri a Lussemburgo con le immagini del massacro di Sumy che ancora circolano sui giornali. L’accusa rivolta a Putin è di aver colpito deliberatamente obiettivi civili. Per errore, come dice Trump? Ma «gli errori sono inaccettabili», gli ha risposto indirettamente il nostro ministro Tajani. Il tema non poteva restare fuori dal summit. Soprattutto perché, collegato online, c’era anche il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiga.
La strage delle Palme ha costretto l’Ue a riprendere in mano il piano Kallas. Il mese scorso la numero uno della diplomazia europea aveva proposto un finanziamento da 70 miliardi di euro in spese militari a sostegno di Kyiv. Italia, Francia e Spagna non si erano dimostrate entusiaste. Le ultime quattro settimane però sembrano un’eternità. Allora erano in corso i colloqui di Riad, poi falliti, tra la delegazione Usa e poi, in batteria, di Russia e Ucraina. La stessa Kallas aveva attraversato l’Atlantico per incontrare Guterres a New York, ma senza essere ricevuta da nessuno dell’amministrazione Trump.
Il piano Kallas per sostenere Kiev
Ora è appunto tutto diverso. È evidente che il tentativo di arrivare a un cessate il fuoco orchestrato da Trump non è andato a buon fine. Poi c’è stata la crisi dei dazi. E ora c’è l’Iran. La prima superpotenza del mondo si smarca da un dossier all’altro, lasciandoli tutti incompiuti. Il sangue versato domenica, però, riporta l’attenzione su un conflitto passato in second’ordine, mentre sul Cremlino torna a gravare l’accusa di crimini di guerra. Sembrerà cinico, ma per l’Ue questa è un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Giudicato poco realistico prima, adesso il piano Kallas può trasformarsi nella sola strategia per rispondere all’offensiva russa. Bruxelles ha già garantito a Kyiv 5 miliardi di euro per la fornitura di 2 milioni di munizioni di largo calibro.
Germania pronta a inviare missili Taurus
Friedrich Merz si sente ormai cancelliere in tutto e per tutto a Berlino, così ha detto che intende inviare in Ucraina i Taurus, missili da crociera utili per colpire obiettivi di alto valore quali bunker, centri di comando e controllo operazioni, o infrastrutture strategiche come piste aeree, hangar, ma anche reti di rifornimento. È una proposta, questa, che avanza già da novembre dello scorso anno. Ovvero da prima che Scholz indicesse le elezioni anticipate. Segno che il mondo popolare-conservatore ha ben chiara la linea da seguire perché la Germania riprenda a trainare l’Europa. Se i Taurus dovessero partire per il fronte, sarebbe «un ulteriore aggiornamento del livello di escalation», ha fatto sapere il Cremlino.
Meloni e l’annuncio del 2%
Alla Germania che si conferma la terza fornitrice e finanziatrice dell’Ucraina è seguita la buona volontà italiana. In contrasto con il silenzio di Francia e Spagna – gli altri due membri Ue il cui parere al progetto di Kaja Kallas è fondamentale – Tajani ha anticipato un annuncio ufficiale di Giorgia Meloni sull’aumento della spesa militare al 2% del PIL. Annuncio che non è da escludere avvenga dopodomani proprio da Washington. Il bilaterale con Trump sarebbe l’occasione perfetta per dar lustro a un’Italia che si dimostra ricettiva alle richieste degli Usa. Di fronte all’iperattivismo di Parigi, Londra e ora anche Berlino, Roma non può permettersi di passare per l’indolente di turno che aspetta a entrare in partita quando i giochi si faranno più chiari. La tattica dell’attendismo è già stata usata in altri conflitti e non con risultati da brivido.
Del resto, è lo stesso piano Kallas a dimostrare che l’Ue fa sul serio. Finalmente. Bruxelles deve iniziare a pensare alla propria sicurezza, fare pressione su Mosca – meglio se insieme agli Usa – e, con il giusto tempo, far entrare l’Ucraina. Questo vuol dire mano al portafoglio. Ricordandosi comunque che noi abbiamo una carta che Trump non ha: le sanzioni. L’esclusione dallo Swift isola la finanza russa dalle transazioni globali. Se anche un giorno si arrivasse alla pace – ipotesi da laboratorio – il mancato sblocco sarebbe un problema per Putin.
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