«The King is dead, long live the King!», dicono così gli inglesi, da tanti anni. E prima lo dicevano i francesi, i portoghesi, gli spagnoli: è un caposaldo della politica: il re è morto, lunga vita al re. Non è un paradosso, è la celebrazione della morte come continuità e successo.

È quello che sta accadendo ora qui da noi: il partito dei Cinquestelle è praticamente liquefatto, è riuscito nel miracolo di disperdere in poco più di un anno un consenso di dimensioni mostruose, costruito sul nulla, semplicemente sul carisma di un attore con eccezionali capacità di cavalcare l’onda plebea. Non popolare: plebea.

Dal 33 per cento a meno della metà. E ora il Movimento è in agonia, diviso in tanti tronconi, coi dissidenti che fuggono, e altri che fondano nuovi partitini o aderiscono ai vecchi, e i due suoi esponenti più prestigiosi, i giovani Di Maio e Di Battista, l’un contro l’altro armati, sembrerebbe, non divisi – come si potrebbe immaginare – tra riformismo e rivoluzione ma – più rasoterra – tra paragoniani e antiparagoniani.

Nessuno mai, fino a un anno fa, avrebbe potuto immaginare che si sarebbe creata la categoria del paragonismo, che oggi vale più, al mercato della politica, del socialismo, del liberalismo, del cristianesimo democratico… Un vero disastro, no? Eppure.

Eppure, mentre si scioglie e tramonta il movimento dei Cinque Stelle, tutti sappiamo benissimo che il grillismo dilaga. Ha vinto. È così, c’è poco da fare: il grillismo ha vinto. Ha conquistato il governo, i vertici della magistratura, gran parte dei partiti moderati ed estremisti (tranne, forse, Forza Italia) comanda in Rai, è il faro nei giornali, nelle Tv, è il motore che trascina intellettuali, case editrici, maître à penser, associazioni, gruppi antimafia…Non è così? Lo abbiamo visto in questi mesi e poi in questi giorni. Fermata la timidissima riforma carceraria, varato un decreto anticorruzione che si fa beffe della carta costituzionale, pronto un decreto intercettazioni che sembra scritto da un burocrate della Germania di Ulbricht, cancellata la prescrizione, lanciate offensive giudiziarie a campo libero un po’ contro tutte le forze sospettate di lievi simpatie garantiste (da Italia Viva, a una corrente liberal del Pd calabrese a vari pezzi del vecchio berlusconismo) o comunque non considerate amiche, anche se abbastanza forcaiole, come i salviniani, e in particolare Salvini in persona.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.