Editoriali
Il nervosismo di Giorgia | L’editoriale di Matteo Renzi
Ieri per la prima volta dall’inizio della legislatura Giorgia Meloni si è presentata in Aula per rispondere al question time dei senatori. Riconoscendo alla Presidente del Consiglio una grande abilità nel dibattito parlamentare ero curioso di capire su quali temi avrebbe imposto la propria offensiva comunicativa. E invece con mia grande sorpresa ho visto una Premier nervosa, preoccupata soprattutto di non rispondere alle critiche di merito. Ne sono stato testimone diretto.
Ricordando una Giorgia Meloni da sempre attenta alle esigenze della classe media ho fatto un elenco molto semplice, quasi banale di tutto ciò che da un anno a questa parte è aumentato. Ho preso le statistiche dell’Istat e di Coldiretti, così che la Meloni non potesse contestare le fonti, e ho elencato punto punto gli aumenti di questo anno. È aumentato il costo del pane, dei trasporti, del riso, della benzina, delle zucchine, della pasta. Cose concrete, di quelle che un tempo avrebbero fatto sobbalzare gli occhi e il cuore di donna Giorgia. Ieri invece la Meloni non ha commentato i numeri, scappando dalla realtà.
Ha parlato di spread e di indicatori macroeconomici. Ha mentito negando di aver mai detto di voler uscire dall’Euro (a proposito: tenetevi pronti, domani dedicheremo due paginate alla costante retromarcia della premier). Mi ha attaccato spiegando che il costo del petrolio dipende dall’Arabia Saudita, ignorando il fatto che le accise le ha aumentate lei, non Bin Salman. E che la mia contestazione è sul fatto che da un anno a questa parte i cittadini italiani stanno peggio di prima. Quello che mi ha colpito è il tono da comiziaccio vecchia maniera. E l’utilizzo dei parlamentari di maggioranza come di una claque che anziché rappresentare con disciplina e onore l’unità nazionale potrebbe benissimo fare il pubblico a Ballarò applaudendo a comando, anche quando non si sa che cosa applaudire.
Ho dato un consiglio alla Presidente, perché ci sono passato e so che cosa si prova: diffida degli adulatori, cara Giorgia. Saranno i primi ad andarsene quando finirà il tuo ciclo. So bene cosa si prova in questi casi, sono un esperto della materia: ne ho visti tanti di fenomeni lodarti quando le cose vanno bene e tradirti alla prima difficoltà. Il Governo arranca. Il carrello tricolore di Adolfo Urss è una barzelletta che non fa ridere. La riforma della giustizia è scomparsa dai radar e purtroppo il nostro amato ministro Nordio in TV va solo a “Chi l’ha visto?”. Il PNRR è in ritardo quasi come un Frecciarossa di Lollobrigida. Oggi Giorgia Meloni finge di essere Cenerentola ma la sua non è una favola. E la squadra non è all’altezza. Prima la Premier capisce meglio è per il Paese.
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