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Il New York Times smonta le inchieste di Ronan Farrow, Premio Pulitzer paladino del #MeToo
La sua inchiesta pubblicata nel 2017 dal New Yorker sulle molestie sessuali perpetrate dal produttore Harvey Weinstein, assieme a quelli pubblicati cinque anni prima dal New York Times, gli erano valsi il Premio Pulitzer per il miglior giornalismo di pubblico servizio. Ma per Ronan Farrow, giornalista e figlio dell’attrice Mia Farrow e del regista Woody Allen, è arrivata una clamorosa ‘scomunica’ da parte del NYT.
In un articolo a firma di Ben Smith, nuovo esperto di media del giornale della Grande Mela ed ex direttore di BuzzNews, il giornalista si chiede infatti se gli scoop di Farrow sono “troppo belli per essere veri”. Per Smith scavando sotto gli articoli che ha scritto per il New Yorker e nel suo libro bestseller del 2019 ‘Catch and Kill’ “cominci vedere crepe nelle fondamenta”.
Il giornalista che ha sollevato il caso del #MeToo, portando alle rivelazioni che hanno condotto alla condanna per abusi sessuali del noto produttore di Hollywood Harvey Weinstein, è finito nel mirino del giornale che ha condiviso con lui lo stesso Premio Pulitzer.
Ronan Farrow has uncovered wrongdoing and is perhaps the most famous investigative journalist in America. But our media columnist @benyt looked deeper, and what he found revealed the weakness of what may be called resistance journalism. https://t.co/TCUxwXNImr
— The New York Times (@nytimes) May 18, 2020
La controinchiesta di Ben Smith parte in realtà da un altro caso, l’inchiesta di Farrow su Michael Cohen, avvocato personale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Scrivendone due anni fa, il giornalista rivelò come alcuni dossifer fiscali di Cohen erano scomparsi dagli uffici dell’IRS (Internal Revenue Service), l’equivalente americano della nostra Agenzia delle Entrate. Per Smith però “poco di quell’articolo di Farrow sta in piedi. Il dossier fiscale di Cohen non è mai scomparso”.
L’ex direttore di BuzzNews infatti accusa Farrow di produrre “narrative irresistibilmente cinematografiche, con eroi e cattivi definiti in bianco e nero, ma spesso omette fatti complicati e dettagli sconvenienti che potrebbero rendere il racconto meno drammatico. A volte non segue gli imperativi giornalistici che esigono di confermare quanto affermato. A volte suggerisce cospirazioni che sono invitanti ma che non può provare”.
Pur ammettendo che Ronan Farrow “ha prodotto articoli rivelatori su alcune delle vicende che definiscono il nostro tempo”, Smith ribadisce come “un esame attento rivela le debolezze di quel ‘giornalismo della resistenza‘ che sta prosperando nell’era di Donald Trump”.
Da Smith arriva quindi l’accusa al collega-star di fare vittimismo, col Premio Pulitzer che dichiarava di essere al centro di un complotto messo a punto dalla tv Nbc per nascondere le sue inchieste su Weinstein. Sempre Farrow finisce nel polverone di Smith per una seconda fake news, quando raccontò suscitando l’ilarità generale dei magistrati che 50 giurati del processo Weinstein furono esonerati dal tribunale perché colpevoli di aver letto il suo libro ‘Catch and Kill’.
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