I racconti
Il nostro 7 ottobre: frocie per la Palestina e l’islamismo politico che sta colonizzando l’Occidente
Sul sito www.setteottobre.com vi è “Esprit du Temps” una raccolta di riflessioni su cosa è stato il 7 ottobre nelle nostre vite. Qui gli articoli di Giovanni Galassi, Fariba Karimi, Matteo Forte.
Giovanni Galassi – “Frocie per la Palestina”
Pochi giorni dopo il 7 ottobre, nel mio quartiere, anzi: davanti alla mia gelateria preferita, è apparsa una scritta: “frocie per la Palestina”. O meglio: FROCIE PER LA PALESTINA, che forse rende meglio l’idea, giacché questa scritta è enorme e si estende per un buon mezzo isolato.
Allora, diciamolo chiaramente, ce ne sono di molto peggiori in giro, però questa scritta è proprio sgraziata, tutta smilza e storta, fatta davvero senza amore. E poi è davanti alla mia gelateria preferita, dicevo, e davvero non puoi tentare di ignorarla.
Comunque, superato lo sdegno grafico, c’è ovviamente quello di significato. In Medio Oriente un omosessuale rischia letteralmente la vita ovunque, tranne che in Israele. Perché dunque gli omosessuali occidentali dovrebbero schierarsi così platealmente con l’altra parte? Non ha senso, pensavo.
Casualmente, pochi giorni dopo, mi sono imbattuto nella monumentale “Vita di Ben Gurion” di Shabtai Teveth dove, attenzione, il biografo riporta fedelmente le parole del grande statista: “Israele non sarà mai un paese vero fin quando non avrà i suoi criminali, le sue prostitute, i suoi ladri, le sue frocie per la Palestina”. Mi è preso un colpo.
Ho controllato ancora e ho trovato ulteriori conferme. Sono lampi di genio che finiscono nei cunicoli della storia, parole profetiche di grandi uomini che non si possono comprendere per decenni e dunque si emendano. Solo per fare un esempio, anche Roosevelt disse che l’America sarebbe diventato un grande paese solo quando Marco Travaglio l’avrebbe equiparata alla Russia di Putin.
Ma restiamo su Israele. Questa scritta, insomma, è diventata la mia ossessione. Lo confesso: ho iniziato a girare per Roma di notte per cercare di incontrarne l’autore – o l’autrice, o l’autric*.
Ce l’ho fatta solo svariati mesi dopo, l’ho sorpreso in una stradina di periferia: scriveva la stessa cosa, nello stesso sgraziato modo. Gli ho chiesto se fosse un ignorante o un fine esegeta di Ben Gurion; lui mi ha detto la seconda. Gli ho detto giuramelo o chiamo la polizia. Lui me l’ha giurato: sono un sionista convinto, mi ha detto. Non sono neanche gay. E Ben Gurion aveva ragione, fa un po’ ventennio come concetto… ma è vero: anche i nemici ci identificano. E fin quando ci saranno le “frocie per la Palestina” sarà chiaro a tutti che quella contro Israele è un’allucinazione collettiva.
Be’ non sta funzionando molto, gli ho detto io. Lui un po’ lo sapeva, ma di certo non voleva sentirselo dire. Si è rabbuiato ed è corso via a fare altre scritte.
Non aveva davvero altro tempo da perdere con me.
Fariba Karimi: “Sono iraniana”
Non sono ebrea, non sono israeliana, sono iraniana.
Per anni, nell’esilio che mi sono scelta in Italia, ho mantenuto un basso profilo evitando per quanto possibile di pensare al mio paese, perché pensarci era doloroso. A un certo punto però non mi è stato più possibile tacere e ho preso una posizione.
Il regime iraniano sostiene Hamas e altri estremismi che sono i miei nemici.
Sarà pur vero che i vasi comunicanti del Medio Oriente sono complessi ma siamo di fronte al paradosso di un’opinione pubblica manipolata che oggi sembra giustificare il terrorismo. Siamo bombardati dalle opinioni di chi non conosce la realtà del Medio Oriente e non sa nulla delle organizzazioni islamiche, arrivando persino ad ammettere le ragioni del massacro del 7 ottobre. Hamas ha scelto deliberatamente l’orrore per provocare una prevedibile reazione e contare quante più possibili vittime tra il proprio popolo, così da poter tirare in ballo la “reazione eccessiva” e legittimare con il ricatto la sua esistenza agli occhi del mondo.
Dimostrare gratitudine e simpatia per il regime degli Ayatollah, perché finanzia Hamas e dichiara di difendere il popolo palestinese con slogan di morte e con l’obiettivo di eliminare Israele dalla faccia della terra, si può giustificare solo con il lavaggio del cervello di una propaganda violenta e capillare.
Dovrebbe essere sufficiente uno solo delle molte migliaia di atti effettuati contro la libertà delle donne e degli uomini da parte di questo regime spietato per chiudere ogni discussione. Quelli che scendono in piazza gridando “Viva Viva Palestina”, “Dal fiume al mare”, con le bandiere di terre che la maggior parte di loro non ha mai visitato, sanno come si comportano con la comunità omosessuale nei territori controllati da Hamas, o da Hezbollah, e nei paesi arabi islamici o in Iran? Sanno che le donne non valgono nulla per questi terroristi fanatici?
Hamas ha rapito donne il 7 ottobre per umiliare dignità Israele
Conoscono o ricordano, forse Mahsa Amini? La ragazza iraniana trucidata perché non portava “correttamente” il velo… e così come lei tante giovani donne e tanti uomini, accecati, uccisi, trascinati per le strade e impiccati dalla Repubblica islamica, solo per aver osato protestare per la libertà.
Sapete perché Hamas il 7 ottobre ha rapito le donne ebree come oggetto da violentare e uccidere e trascinare per le strade di Gaza? Le donne si uccidono e si violentano per umiliare la dignità di un intero popolo. È un conflitto di civiltà, tra cultura e teocrazia islamica.
Dopo l’orrore del 7 ottobre ho provato la stessa rabbia e il dolore che provo per una grande parte del popolo iraniano. Ho sentito lo stesso nemico, le stesse ferite e ho sofferto per le stesse armi usate contro giovani donne e uomini del mio paese. Qualche mese fa è scaduto il mio passaporto iraniano e ho deciso che non cercherò nemmeno di rinnovarlo per evitare di dovermi presentare al consolato iraniano di Roma e indossare il velo, avallando così il sopruso e la violenza subita dalle mie sorelle che hanno pagato con la vita la loro ribellione.
Ormai non mi aspetto nulla dai politici in generale, ma, dopo il 7 ottobre, quello che mi ha profondamente delusa è stato sentirmi completamente sola in una comunità civile che si nutre della propaganda e dimostra la propria ignoranza nei confronti dei valori di libertà, dignità e democrazia. Una ridicola mentalità radical chic e una profonda ignoranza dominano ormai l’occidente, una mentalità che non sopporta le critiche e le posizioni diverse e per questo le stigmatizza.
Qui in Italia, da chi giustifica le azioni di Hamas, mi sono sentita dire: “Sì, ma tu non conosci tutta la storia…”
Cari amici, è vero, io non conosco la storia come l’avete vissuta voi, comodamente da casa. Io vengo dal Medio Oriente e l’ho vissuta sulla mia pelle e sapere ogni giorno di non poter più mettere piede nella mia patria, restando lontano dalla mia famiglia, dai miei cari, non è certo una cosa facile!
Nonostante l’amarezza di oggi sono sicura che un giorno potrò tornare nella mia casa, sicuramente quando non ci sarà più un regime islamico e l’Iran sarà finalmente un paese libero.
Matteo Forte e l’islamismo politico
Nell’era dell’iperconnessione e dei post sui social che invecchiano nel giro di poche ore, il 7 ottobre 2023 è lontano. E i fatti che si sono succeduti da quel giorno in Medio Oriente troppo complessi per riuscire a star dietro a quanto succede in quella regione. Eppure, c’è un legame tra quanto succede lì e nella nostra parte di mondo, nelle nostre città. Qual è il legame? Basta gettare un’occhiata e porgere l’orecchio verso un mondo che si espone molto all’interno del dibattito politico nostrano in tema, per esempio, di cittadinanza ai nati in Italia e più in generale sui temi dell’accoglienza e dell’inclusione. Un mondo, quindi, che si presenta come molto “per bene”, molto politically correct. E che nella generale ignoranza che caratterizza le nostre classi dirigenti, troppo appiattite sull’istante e quindi troppo attente ai like e alle condivisioni sui social – o, qualora preparate, concentrate solo sul “mercato” e mai sulla dimensione culturale della convivenza, quel mondo si fa strada e conquista spazi. È il mondo dell’islamismo politico, che non coincide per forza con il jihadismo, ma è comunque da monitorare e non sottovalutare. Perché con il secondo condivide l’obiettivo di sottomettere il nemico di sempre: l’Occidente.
L’attacco terroristico di Hamas ha rappresentato l’occasione per dare la stura a un sentimento antioccidentale e antiebraico che già c’era e neanche tanto latente. Le manifestazioni pro-Hamas – nella quali recentemente è comparsa anche l’immagine della senatrice Liliana Segre, segnalata con un cartello come “agente sionista” – oggi si moltiplicano e cadono su un terreno già preparato e influenzato da una capillare presenza mediatica e sul web dell’islamismo politico. Per esempio, il 23 ottobre 2023 un importante sito internet di riferimento per molti musulmani in Italia e in Lombardia, ha rilanciato la pronuncia dell’università Zaytuna di Tunisi con cui l’autorevole istituto esorta al jihad individuale. In un contesto segnato dalle cellule dormienti composte dai cosiddetti foreign fighters tornati in Europa dalle campagne in Siria dell’Isis, quella pronuncia rilanciata in lingua italiana da un importante megafono riconosciuto dalle locali comunità musulmane può costituire davvero un campanello d’allarme per la sicurezza dei nostri territori.
L’università Zaytuna di Tunisi, tra la più antiche del mondo islamico, il 10 ottobre, a soli 3 giorni dall’operazione terroristica denominata “Diluvio di al-Aqsa” contro Israele e obiettivi civili, ha infatti invitato tutti i musulmani a sostenere la lotta dei mujaheddin di Hamas: «si tratta di un dovere individuale legale (sharaitico) – si legge nella traduzione italiana rilanciata sul web – che investe l’intera comunità islamica in ogni parte del mondo. Perciò non è islamicamente legittimo sottrarsi a tale dovere e delegarlo alla comunità internazionale che persiste nel sostenere e riverire l’entità sionista usurpatrice». E ancora: «L’appoggio ed il sostegno alla lotta (jihad) in Palestina è un obbligo (fard) individuale per tutti i musulmani, ciascuno secondo le proprie possibilità; […]. Esortiamo gli imam affinché dai pulpiti assolvano al loro dovere religioso di spronare all’unità tra le file dei musulmani di fronte all’alleanza crociato-sionista […] nei sermoni, nelle manifestazioni e dimostrazioni a partire da ogni moschea in ogni Paese del mondo». Esortazioni che assumono un significato davvero preoccupante alla luce dell’attentatore di Bruxelles che, dopo aver ucciso due cittadini svedesi il 16 ottobre 2023, ha dichiarato di aver agito «per vendicare i musulmani». O alla luce della scia di 1.040 atti antisemiti in tutta la Francia, proprio a partire dal 7 ottobre ’23.
C’è nelle nostre città, insomma, una radicalizzazione islamica diffusa e brodo di coltura di cosiddetti lupi solitari che agiscono con violenza per emulare i mujaheddin palestinesi. Non a caso la sola presenza di network legati alla Fratellanza musulmana (di cui Hamas ne costituisce da sempre la propaggine palestinese) è considerata ormai da qualche anno un indicatore di estremismo da parte, per esempio, del governo inglese. Sarebbe bene che anche dalle nostre parti la classe dirigente si preparasse e si formasse su questi temi.
E adottasse conseguenti iniziativa. Ne va del futuro della nostra convivenza.
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