Tra verità e argomenti per anime belle
Il nostro debito verso il popolo ebraico che va oltre Netanyahu e l’Onu
Se si dovesse estrapolare – dando dignità allo scemo collettivo che impazza in Tv, in rete e anche nelle cene con amici che credevi ragionevoli – il motivo finale per cui tutti, ma proprio tutti dalle nostre parti, sono nemici giurati di Israele, è il caso di sgombrare prima il campo dai due argomenti-cardine che animano ogni discussione sul tema.
“E allora Netanyahu?”
Il primo riguarda le responsabilità di Netanyahu (“e allora Netanyahu?”), contro cui gli strepiti di chi assiste dalle nostre case alla tragedia mediorientale sono alti e sdegnati, come se fatto fuori lui – da chi? dagli israeliani, si intende, che intanto per scelta democratica se lo tengono, perché loro sono in guerra mentre noi sgranocchiamo pop corn – la pace in Medio Oriente fosse una strada spianata. Cosa falsa e indimostrabile, dato che finanche le manifestazioni che si svolgono periodicamente nel libero Israele chiedono a lui più rigore e forza, non certo il cedimento alla barbarie dei terroristi.
“E allora l’Onu?”
Il secondo topos inguaribile dello scemo collettivo è: “e allora l’Onu”? Perché pure l’Onu, che rappresenta il mondo intero, ce l’ha con Israele? La risposta di chi ha letto anche solo qualche manuale di storia è che l’Onu approvò la risoluzione 181 del 1947 perché non poteva fare altrimenti, dopo quel piccolo incidente della storia chiamato Shoah. Ma dal giorno dopo, dal 1948 ad oggi, la sua assemblea generale ha votato più di 200 risoluzioni ad hoc contro Israele (più di quante ne abbia emesse nei confronti di tutti i regimi sanguinari della terra), perché composta in maggioranza da nazioni poco amiche dell’Occidente e della sua nazione-guida, gli Usa, che finora hanno sempre sostenuto – meritoriamente – Israele nel Consiglio di sicurezza. E speriamo continuino a farlo.
Se poi vogliamo aggiungere un altro paio di considerazioni su questo consesso mondiale dannoso più che inutile, basta ricordare cosa è diventata l’UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente), nata nel 1949 per assistere i rifugiati palestinesi, oggi infiltrata da terroristi di Hamas. O tirare giù dalle agenzie le continue dichiarazioni del segretario generale dell’Onu, António Guterres, letteralmente ossessionato da Israele, in barba alla sua funzione di garante di tutti. Per non dire – è cronaca di questi giorni – del fallimento della sua missione UNIFIL, che in Libano doveva disarmare i terroristi di Hezbollah, e ha finito per proteggerli.
Tra verità e argomenti per anime belle
Ma andiamo al punto di fondo. Aggirati in qualche modo i due argomenti farlocchi, lo scemo collettivo tira fuori i suoi assi dalla manica: ma perché per Israele deve esistere una sorta di statuto speciale tra le nazioni del mondo? Perché Israele non può essere criticata, per i suoi comportamenti, i suoi atti, i suoi errori? Perché ogni parola contro Israele viene rubricata come antisemita o antisionista? E qui le persone ragionevoli mostrano tutte le loro debolezze, sbagliano accettando la sfida, ammettono che certo pure Israele sbaglia, che nessuno ritiene che abbia tutte le ragioni di questo mondo, che se si liberasse di Netanyahu sarebbe tutta un’altra storia…
Pietosi pannicelli caldi che stendiamo sulla nostra coscienza sporca, per non dire e urlare la verità che deve pesare su tutti noi, per sempre, come un macigno. Riguarda lo sterminio finale di una civiltà, di una storia, di un popolo che – dopo secoli di orrende persecuzioni – alcuni nostri simili hanno progettato e quasi attuato, e che l’umanità democratica sconfisse temporaneamente 70 anni fa. Ma senza pagare del tutto il suo sterminato debito nei confronti di Israele e degli ebrei, che ancora oggi lottano per avere una terra e si battono senza tregua per difenderla. Il resto sono argomenti per anime belle, conversazioni da bar, ambiguità e ipocrisie di un’umanità afflitta da un insopportabile relativismo morale, il peggiore dei mali del nostro tempo.
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