Sulla giustizia ci sarà un cambio di passo importante, dicendo addio ai tempi in cui a via Arenula era di casa Alfonso Bonafede e i giustizialisti 5 Stelle. È la promessa che arriva da Carlo Nordio, guardasigilli del governo Meloni con una storia nota di posizioni garantiste su gran parte dei temi inerenti la giustizia.

Impegnato in audizione alla Commissione Giustizia del Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero, Nordio ha annunciato una “profonda revisione” della disciplina delle intercettazioni, promettendo che l’esecutivo e il Ministero “vigilerà in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria” attraverso ispezioni che saranno “immediate e rigorose”. Intercettazioni che, secondo l’ex magistrato in pensione, sono diventate “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica” attraverso la loro diffusione “selezionata e pilotata”.

Ma i toni forti non si sono limitati alle intercettazioni. Altro punto chiave da modificare è quello dell’obbligatorietà dell’azione penale, tradotta secondo Nordio “in un intollerabile arbitrio” perché il pubblico ministero di turno “può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza rispondere a nessuno”.

Punti chiave, quello su obbligatorietà dell’azione penale e intercettazioni, di una più complessa riforma del codice penale in senso “garantista e liberale che può esser attuata in parte con leggi ordinarie e per gli aspetti più sensibili anche con una revisione della Costituzione”.

E dunque tornano a fare capolino altri temi cari al fronte garantista, che nel governo trova espressione in particolare in Forza Italia. È il caso dell’eterno tema della separazione delle carriere, presente anche nei quesiti del referendum sulla giustizia: per il guardasigilli infatti “non ha senso che il pm appartenga al medesimo ordine del giudice perché svolge un ruolo diverso”.

Non è un caso che l’audizione di Nordio sia accolto con grande entusiasmo dal capogruppo Pierantonio Zanettin, che parla di “relazione da dieci e lode” sottolineando come “dopo la fase di oscurantismo giuridico dell’ex Ministro Bonafede, si apre davvero una stagione di speranza ispirata dai principi dell’art 27 della Costituzione”.

Tornando alle parole di Nordio, il ministro ha discusso anche della questione della presunzione di innocenza, che “continua ad essere vulnerata dall’uso strumentale delle intercettazioni, da un’azione penale arbitraria e capricciosa, dalla custodia cautelare utilizzata come pressione investigativa, dall’informazione di garanzia che diventa una condanna mediatica”.

Sulla carcerazione preventiva invece “il paradosso più lacerante è che, tanto è facile oggi entrare in prigione prima del processo, da presunti innocenti, quanto è facile uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati. Orbene, la custodia cautelare, proprio perché teoricamente confligge con la presunzione di innocenza, non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo“, è la ‘lezione’ di Nordio davanti alla Commissione Giustizia del Senato. Per il ministro sarebbe “più ragionevole spostare la competenza dal Gip a una sezione costituita presso la Corte d’Appello, con competenza distrettuale. Avremmo – spiega il ministro – l’enorme vantaggio di una maggiore ponderatezza della decisione e anche di omogeneità di indirizzo“.

Il guardasigilli tocca quindi anche l’annoso tema della revisione del reato di abuso d’ufficio, chiesta a gran voce dai sindaci e sulla quale anche la premier Meloni si è detta d’accordo. Il problema, anche banalmente, è nei numeri forniti da Nordio in audizione, statistiche definite non a caso “allarmanti”. “Su 5.400 procedimenti nel 2021, 9 si sono conclusi con condanne davanti al gip e 18 in dibattimento”, spiega il ministro, che aggiunge come questi procedimenti “hanno un costo medio insostenibile”. E a proposito di “indagini arbitrarie e perniciosi interventi della magistratura” Nordio propone di abolire anche il reato di traffico d’influenze.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.