Se dei Balcani in generale si sa poco o nulla, e poco viene veicolato dalla stampa, del Montenegro si conosce ancora meno. Non solo perché è uno stato relativamente piccolo, ma perché – erroneamente – si pensa che quello che succede lì sia lontano da noi e non ci riguardi. Invece ci riguarda eccome e ha una conseguenza diretta sulla politica di allargamento.
Il 10 agosto 2023, il presidente Jakov Milatović diede a Milojko Spajić il mandato di formare il nuovo governo. Il 30 agosto 2023, si tennero proteste in tutto il Montenegro contro Spajić e i suoi piani per includere i partiti delle minoranze etniche nel nuovo governo a causa del fatto che essi erano ex partner della coalizione del Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro (DPS) e per aver escluso inizialmente la coalizione pro-serba Per il Futuro del Montenegro dalla nuova formazione del governo.

Il 31 ottobre 2023 il nuovo governo è entrato ufficialmente in carica.
Il Primo Ministro Milojko Spajić fa parte del Movimento “Europa ora” (PSE). Il governo di Spajić ha sostituito il mandato tecnico del precedente governo guidato da Dritan Abazović, che ha dovuto affrontare un voto di sfiducia nell’agosto 2022.
La nuova maggioranza al governo rappresenta il PSE, i partiti riuniti attorno alla coalizione “Insieme per il futuro del Montenegro” – ZBCG (ex Fronte Democratico), i Democratici, il Partito Popolare Socialista (SNP) e i partiti di minoranza nazionale albanese. La composizione della coalizione ha necessariamente delle conseguenze che coinvolgono altri stati.
Ad esempio, l’alleanza filo-serba e filo-russa “Per un Montenegro migliore”, guidata da Andrija Mandic, accettò di sostenere il gabinetto di Spajic soltanto in cambio della posizione di presidente del parlamento. Decisione molto rilevante; il presidente del Parlamento ha una forte visibilità e influenza e non solo sui lavori del Parlamento. E lasciare quella posizione proprio a un pro-serbo e un pro-russo non aiuta di certo a portare avanti le priorità europeiste. Oltretutto, quell’alleanza aveva già guadagnato quattro posti ministeriali dopo un rimpasto governativo. Tale mossa ha sconcertato chi davvero riponeva le proprie speranze nel nuovo governo e le prospettive europee.

Da un certo punto di vista però la mossa non è sorprendente: la composizione del nuovo governo e il sostegno che lo accompagna dimostrano infatti la significativa influenza sia della Chiesa ortodossa serba (CPS) sia del Presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, sugli sviluppi politici in Montenegro. Di conseguenza, è probabile che il nuovo primo ministro, così come il presidente del paese Jakov Milatović – entrambi arrivati sulla scena politica come quadri del SPC e appassionati sostenitori della “magnifica litije”, le proteste guidate dal SPC contro la “legge sulle libertà religiose” del 2019 – serviranno principalmente gli interessi di coloro che li hanno portati dall’oscurità alle posizioni politiche più potenti.

Chi è Milojko Spajic?

Spajic, 36 anni, è stato Ministro delle Finanze e dell’Assistenza Sociale in un governo di esperti non-partisan formato dopo una vittoria storica di tre blocchi dell’opposizione contro il Partito Democratico dei Socialisti nel 2020. Nel dicembre 2021, il Parlamento ha adottato il programma di riforma fiscale di “Europe Now” e ha aumentato il salario minimo da 250 a 450 euro, mentre i salari medi sono aumentati da 530 a 670 euro. Il programma è stato creato da Spajic e dal ministro dello sviluppo economico Jakov Milatovic per ridurre il divario tra il salario minimo e i prezzi dei beni di base, e per abolire i contributi sanitari, che l’opposizione e alcuni partiti della coalizione di governo avevano fortemente criticato. Nonostante il sostegno pubblico alle sue riforme economiche, Spajic è stato criticato dagli oppositori politici e dalle organizzazioni della società civile per la mancanza di trasparenza.

Nel dicembre 2020, il governo ha ottenuto un prestito di 720 milioni di euro da BofA Securities, Citigroup, Erste e dal gruppo Societe General per mantenere le finanze pubbliche stabili, ma tale accordo è stato concluso senza consultare il parlamento. Nel giugno di quest’anno, il Primo Ministro uscente Dritan Abazovic e il Ministro dell’Interno Filip Adzic hanno chiesto al pubblico ministero di indagare sulle accuse secondo cui il fuggitivo trader di cripto valute sudcoreano Do Kwon aveva relazioni finanziarie con Spajic. Abazovic ha affermato che Do Kwon ha inviato una lettera ai funzionari statali sostenendo di aver finanziato “Europe Now”, ma anche se Spajic nega tali affermazioni, il 19 giugno, la Procura speciale dello Stato ha aperto un’indagine. Sempre il 19 giugno, la Corte di base di Podgorica ha condannato Do Kwon e il suo socio, Han Chang-joon, a quattro mesi di prigione ciascuno per aver falsificato i loro documenti d’identità. Insomma, un primo ministro che comincia con non poche accuse e non poche controversie.

Questo avrà un impatto di qualche tipo oppure il primo ministro riuscirà a dimostrare coi fatti di essere diverso da come viene descritto?

Dai fatti sembra che prevalga la seconda opzione. Infatti, il primo ministro ha già preso decisioni che non sono popolari. La prima è quella di rinviare di un mese il censimento previsto per il 1º novembre, a causa di una significativa polarizzazione politica e dell’annunciato boicottaggio da parte dell’opposizione, cioè del Partito Democratico dei Socialisti (DPS). Questa è una sconfitta, considerato che il censimento è anche uno dei requisiti richiesti dall’Unione europea.
Inoltre, il nuovo primo ministro si trova di fronte a difficoltà anche nei confronti dell’Europa: la valutazione complessiva della Commissione europea nella relazione di quest’anno sul Montenegro è di 3,12, e pertanto leggermente peggiore rispetto alla relazione dell’anno scorso. Il messaggio è quello che il Montenegro continua a stagnare nei negoziati per l’adesione all’UE. I problemi del sistema giudiziario e nella lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, l’insufficienza delle riforme della pubblica amministrazione, le cattive condizioni di svolgimento delle elezioni sono tutti segnalati dalla Commissione anno dopo anno. E miglioramenti ancora non si vedono.
Come sappiamo, la Serbia ha un’influenza forte su tanti paesi nei Balcani. Sul Montenegro la esercita in maniera aperta. Il fatto che la Serbia nel 2006 ha accettato l’indipendenza del Montenegro di buon grado è probabilmente dovuto al fatto che sapeva che avrebbe saputo gestire la situazione.

L’influenza serba non aiuta il Montenegro ad avere una posizione nettamente europeista, perché Vucic è troppo vicino alla Russia e non all’Unione europea.
Nonostante tutto, il Montenegro ha delle buone possibilità di completare per primo i negoziati per l’adesione all’Unione europea; però deve fare i conti con le divisioni e i problemi politici interni e decidere se lo vuole davvero.

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.