Vladimir Putin, nelle sue ultime dichiarazioni, è apparso sicuro. Nessun desiderio di attaccare la Nato, considerato addirittura una “follia”, nessuna “ambizione imperiale”, volontà di fermare la guerra in Ucraina entro due o al massimo tre mesi, se gli Stati Uniti smetteranno di fornire armi a Kiev. Un presidente russo che ha dunque voluto dare di sé un’immagine nuova, rovesciando quasi del tutto la percezione che l’Occidente ha di lui. Ma la realtà, come spesso accade, è molto più complessa delle dichiarazioni. Tanto più di quelle che arrivano dal Cremlino.

Stemperare i toni

Ieri anche il segretario generale dell’Alleanza atlantica ha voluto stemperare i toni. Dopo le indiscrezioni trapelate dalla Difesa norvegese e da quella tedesca, dove si parlava di pochi anni rimanenti per prepararsi a uno scenario di guerra, Jens Stoltenberg ha voluto tirare il freno rispetto ad alcune pericolose fughe in avanti. “Questa idea che ci sia una specie di conto alla rovescia per la prossima guerra è sbagliata. Siamo qui per impedire che ciò accada. Lo abbiamo fatto per 75 anni, lo faremo almeno per altrettanti”, ha detto il vertice della Nato a Helsinki, insieme al presidente della Finlandia Alexander Stubb. “Non vediamo una minaccia militare imminente contro alcun alleato della Nato. Ora ovviamente la Russia è più che preoccupata per la guerra in Ucraina e ha effettivamente spostato molte forze dalle vicinanze della Finlandia o dei paesi nordici verso l’Ucraina. Quando i combattimenti finiranno in Ucraina, potranno ricostruire quelle forze. Ma, ripeto, questo non significa che assisteremo a un attacco pericoloso o imminente contro un alleato della Nato”, ha concluso Stoltenberg.

Segnali di distensione in un momento in cui l’escalation diplomatica tra Russia e blocco euroamericano ha raggiunto dei pericolosi livelli di guardia. Già le recenti esercitazioni nucleari di Mosca avevano rimesso al centro della scena l’incubo atomico: elemento da sempre mosso dallo “zar” come spauracchio per eventuali mosse degli alleati europei di Kiev. E il semaforo verde della Nato per autorizzare l’Ucraina a colpire il territorio russo con le armi fornite dallo stesso Occidente rappresenta un momento di svolta non solo sul campo di battaglia, ma anche nelle stesse relazioni tra Mosca, i singoli Stati membri dell’Alleanza e soprattutto Washington. Joe Biden, che in una prima fase sembrava molto più restio a dare il via libera all’Ucraina per questo tipo di raid, di recente ha modificato il tiro autorizzando l’esercito di Volodymyr Zelensky a lanciare attacchi contro siti militari della Federazione Russia sfruttando le armi fornite da Oltreoceano.

Colpire solo al confine, il limite Usa

Non un via libera generale. Perché, come ha spiegato lo stesso presidente degli Stati Uniti in un’intervista ad Abc News, alle forze di Kiev sono stati concessi “attacchi vicino al confine in risposta ai raid russi contro obiettivi specifici in Ucraina”. “Non stiamo parlando di dare loro le armi per colpire Mosca, per colpire il Cremlino, ma solo per colpire proprio oltre il confine, dove sono sotto il pesante fuoco delle armi convenzionali che i russi stanno usando per invadere l’Ucraina e uccidere gli ucraini”.
Frasi che ribadiscono che la Casa Bianca, nonostante l’ok di questi giorni, non abbia voluto liberalizzare completamente gli attacchi con le sue armi, anche per non dare a Putin la possibilità di sfruttare questo cambiamento per avanzare pretese o alzare il tiro nei confronti dell’Ucraina o dello stesso Occidente.

E questo serve anche a far capire all’Ucraina di non colpire con quelle munizioni in siti ritenuti sensibili dalla Russia, come avvenuto nell’attacco di ieri alla raffineria di Rostov. Ma da Mosca, al momento, non sono state segnalate aperture in tal senso, anzi. Il viceministro degli Esteri, Mikhail Galuzin, ha detto che le parole di Biden sono “indecenti e ciniche” e confermano che “è Washington a impartire gli ordini e gli obiettivi e definendo la zona delle possibili azioni di Kiev”. Del resto, lo stesso Putin non ha nascosto l’irritazione per questa svolta. Da Mosca sono arrivati messaggi molto chiari sulle conseguenze per i Paesi che si uniscono a questo nuovo modus operandi.

Guerra ibrida

Sono in molti a temere la guerra ibrida che può scatenare la Russia. In particolare sull’Europa. Tra sabotaggi, interferenze politiche e continue minacce, gli apparati di sicurezza europei hanno già evidenziato che Putin potrebbe elevare il livello dello scontro. E, come dimostrato anche dalle tensioni diplomatiche con la Francia (con le bare vuote apparse sotto la Torre Eiffel ad “avvertire” riguardo il possibile invio di istruttori francesi in Ucraina e le accuse di Parigi su interferenze in vista delle Olimpiadi), i timori sono concreti. Non solo. Dopo che Putin ha fatto intendere di non poter escludere che la Russia invii armi a “paesi terzi” come risposte a quelle fornite dall’Occidente a Kiev, ieri una fonte di alto profilo Usa ha detto alla Cbs che la Russia potrebbe scegliere di condurre esercitazioni militari nei mari dei Caraibi già nelle prossime settimane. Queste manovre, che dovrebbero essere aeree e navali, sono viste dall’Intelligence Usa come una sorta di reazione russa al sostegno americano all’Ucraina. Non si può parlare di una risposta all’ok di Biden alle armi sul suolo russo, perché sono manovre pianificate da molto tempo. Ma è comunque un segnale sul fatto che Putin voglia mostrare i muscoli nel “cortile di casa” di Washington. Anche ribadendo i legami con Cuba e Venezuela.