Giustizia
Il padre della Boschi è innocente, i suoi detrattori un po’ meno…
Archiviata l’accusa di bancarotta fraudolenta per Banca Etruria: chi chiederà scusa all’ex ministra che in questi anni ha subito un vero e proprio linciaggio?
Maria Elena Boschi arriva alla Leopolda numero dieci, l’edizione del tutto esaurito, dopo essersi levata qualche sassolino dalle scarpe. A partire dalla vicenda di Banca Etruria per cui è stata presa di mira dal movimento Cinque stelle e dalla Lega, che grazie al linciaggio mediatico che hanno portato avanti, con la collaborazione di una parte consistente dell’informazione, hanno vinto le ultime elezioni. Sono passati anni e ora la situazione è sempre più chiara e sempre più a favore di Maria Elena a cui più di un giornalista e più di qualche politico dovrebbe chiedere scusa.
L’ex ministra e figura di spicco di Italia viva ha dimostrato ampiamente di non aver fatto pressioni a favore della banca di cui il padre Pier Luigi era stato consigliere di amministrazione e per 8 mesi vicedirettore. In più occasioni si è cercato di dimostrare il contrario, ma ogni volta l’ex ministra ha dimostrato che si trattava di false accuse. È accaduto anche nel 2017 per l’uscita del libro di Ferruccio De Bortoli, Poteri forti, in cui l’ex direttore del Corriere della sera scriveva – senza citare le fonti – che Boschi aveva chiesto all’allora amministratore di Unicredit, Federico Ghizzoni, la possibilità di comprare Banca Etruria. Un comportamento secondo il giornalista “inusuale“. Davanti alle minacce di querela, De Bortoli stesso aveva cambiato versione, sottolineando che lui non aveva parlato di pressioni. Ma il veleno era già stato iniettato, il can can di quei giorni fu travolgente e l’opinione pubblica per l’ennesima volta si era fatta convincere sulla colpevolezza di Maria Elena Boschi. Il processo mediatico funziona in questo modo. Si parte da generiche accuse, sbandierate come vere ai quattro venti, si attiva il linciaggio e anche quando i fatti imputati vengono smentiti, fuori o dentro le aule dei tribunali, si fa finta di nulla. Ormai tanto la pena è stata eseguita, lanciando pietre virtuali, ma altrettanto contundenti.
Il vero impallinamento è avvenuto nei confronti del padre, a cui il sistema giudiziario sta dando però ragione. Mercoledì 16 ottobre il gip di Arezzo, Fabio Lombardo, ha archiviato, come richiesto dalla procura, il filone di indagine di Banca Etruria relativo alla mancata fusione con la Banca popolare di Vicenza. Pier Luigi Boschi era indagato per bancarotta fraudolenta e ora può dirsi ufficialmente innocente. Restano aperte altre due inchieste: quella che riguarda la liquidazione dell’ex dg Bronchi, per cui la procura ha chiesto l’archiviazione, ma il gip si è preso del tempo per riflettere, e la notizia della chiusura delle indagini per bancarotta semplice. È però caduta la parte più consistente delle accuse nei confronti di un uomo che ha avuto soprattutto una colpa: essere il padre di una politica di spicco in una fase della vita italiana in cui il dissenso si esprime con l’odio e con i processi sommari.
Alla Leopolda l’ex ministra, che è sempre andata a testa alta, senza farsi intimorire, ha potuto rivendicare molto del lavoro fatto in questi anni. A partire dalla riforma costituzionale, naufragata dopo la vittoria del No al referendum. Anche in questo caso il tempo le ha dato ragione. Il taglio drastico dei parlamentari votato di recente è una riforma fatta in fretta e furia, senza nessun criterio e peggiorativa della democrazia. Lo dicono tutti o quasi, anche tra coloro che “obtorto collo” l’hanno votata. La riforma Boschi-Renzi, poteva non piacere e così è stato, ma aveva una sua ratio, a partire dalla centralità che veniva data allo Stato nell’erogare servizi essenziali, come quello sanitario adesso frammentato nelle diverse competenze regionali. Un disastro per chi si cura e per chi cura. Quando Boschi lavorò alla riforma ci fu un fuoco incrociato contro di lei, anche da parte del fior fiore dei costituzionalisti italiani, che oggi non hanno avuto altrettanta forza e veemenza per organizzarsi in comitati civici in difesa della Costituzione. Eppure, la Carta è stata in questi anni più volte tradita. Lo è stata di recente con un taglio dei parlamentari che mette in crisi il principio di uguaglianza e di rappresentanza. Da molti anni la Costituzione viene invece calpestata riguardo a principi fondanti come la presunzione di innocenza. Pier Luigi Boschi è stato massacrato come fosse colpevole, la figlia con lui, pur avendo avuto la forza di difendersi e di difenderlo, come ha fatto davanti a tutto il Parlamento rivendicando l’innocenza del padre.
Il governo Renzi approvò il decreto cosiddetto “salva banche” per impedire il fallimento di quattro piccoli istituti di credito, tra cui Banca Etruria. Lo doveva fare per tutelare correntisti e investitori. Ma si accusò l’esecutivo di aver fatto quella scelta per favorire l’allora ministra, quando proprio in quella occasione la banca fu commissariata e il padre mandato a casa. Renzi prima e Gentiloni dopo non avevano fatto altro che rispettare le norme europee. Questi sono i fatti. Ma a poco vale ricordarli, se il governo gialloverde – di recente – ha approvato un decreto simile in tutto e per tutto a quelli da loro tanto criticati, senza fare autocritica. La storia sta dando ragione a Maria Elena Boschi, l’onta resta nei confronti di chi l’ha attaccata: gli avversari politici in primis, ma soprattutto un giornalismo che da lei ha molto da farsi perdonare.
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