Il papato controverso
Il Papa degli “ultimi” e i rapporti che aveva coi “primi”, il gesuita Francesco eco di Putin in Ucraina
Cresciuto nell’Argentina di Perón, durante il suo operato il gesuita Bergoglio si è sbilanciato coi grandi leader. Umile e attento ai più poveri, ma anche negligente davanti alle crisi mondiali, come l’invasione dell’Ucraina

E chi sarà il prossimo? Seguirà le orme o ne vorrà imprimere di nuove? Quel povero Cristo di papa Francesco ha vissuto la sua odissea ospedaliera come capita a tutti i papi di lunga malattia – tranne papa Luciani, Giovanni Paolo I, che appena eletto morì e spinse Lotta Continua al più famoso titolo per un lutto vaticano: “E’ rimorto il papa”. I giudizi e le opinioni sono personali perché ogni papa funziona, in un certo senso, come una macchia d’inchiostro del test di Rorschach, dove ognuno vede quel che ha già in mente.
Mai un gesuita papa
Per non sottrarmi dico che non ero affatto entusiasta di questo papa argentino, che aveva convissuto con la junta fascista di Videla e che proveniva culturalmente da uno dei più micidiali populismi, quello del descamisado dittatore Juan Domingo Perón (discepolo sia di Mussolini che del sindacalismo dei Tupamaros) e poi della sua folle vedova Evita, quella del famoso musical. Bergoglio ruppe molte regole: intanto, era un gesuita e i gesuiti non devono mai diventare papi per una norma non scritta ma rispettata della Chiesa: al capo dei Gesuiti compete per tradizione il titolo di “Papa nero”, e ha sempre rappresentato un potere di contrappeso a quello della papalina bianca di chi ha il comando sulla Sacra Romana Chiesa. Bergoglio è salito al trono di Pietro, essendo sia il Papa nero che il Papa bianco, e per ulteriore meraviglia avendo nel suo giardino, un po’ ospite, un po’ ostaggio, il suo predecessore tedesco Josef Ratzinger, Benedetto XVI, convinto a dimettersi per la sua insonnia.
L’eco di Putin
Quello di Bergoglio è stato un papato straordinario, considerato che vinse il secondo conclave dopo aver perso quello in cui vinse Ratzinger. Bergoglio era il nemico politico del conservatore Ratzinger, cosa che fu immediatamente percepita dall’opinione pubblica progressista con forte sospiro di sollievo: “Ecco finalmente un vero papa”. La sua posizione politica si manifestò subito nelle grandi scelte: andò subito a sdoganare il regime comunista di Castro celebrando messa a Cuba su un altare con l’immagine di Ernesto “Che” Guevara. Il messaggio fu forte e chiaro, con l’attiva partecipazione del presidente Barack Obama, per chiudere il capitolo della ghettizzazione di Cuba destinata, così sembrava, a diventare una ricca oasi turistica per americani.
Con Trump saltò tutto e Cuba seguitò a vivere di turismo povero anche perché i famosi ospedali cubani, un tempo perla dell’impero spagnolo e di Fidel Castro, non dispongono di attrezzature né di medicine moderne. Bergoglio appena eletto si conquistò la simpatia popolare augurando dalla sua finestra dell’Angelus il “Buon pranzo”. La folla delirava per un papa ben educato che aveva abbandonato i fasti del Vaticano per sistemarsi nel modesto convento di Santa Marta. Purtroppo scelse di essere l’eco di Putin quando con grande sorpresa accusò “l’abbaiare della Nato alle porte di Mosca”.
La campagna contro la lobby gay
Un suo più celebre predecessore, il polacco Karol Wojtyla, con il nome di Giovanni Paolo Secondo, prese un colpo di pistola che rasentò l’aorta, esploso dal killer Ali Ağca assoldato dai bulgari. Era stato infatti il papa polacco a riuscire – molto prima della caduta del Muro di Berlino– a portare la Polonia nella Nato uscendo dalla schiavitù dall’Unione Sovietica. Dunque Bergoglio, venuto dall’Argentina, dove non era mai entrato in conflitto né con i peronisti né con la junta fascista di Videla, ha contribuito ad appoggiare la propaganda putiniana, secondo cui la Nato non è una libera alleanza in cui chi vuole si mette in fila ed entra, come hanno fatto la Svezia e la Finlandia, terrorizzate all’idea di avere i russi in casa, ma un mostro che abbaia. Bergoglio, salvo le dovute benedizioni e preghiere, non ha mai usato la forza e il prestigio della Santa Sede contro l’invasione russa. In Vaticano ha lanciato una campagna contro una lobby di gay (“Ma sono dappertutto”), e ha messo le mani nella burocrazia e nelle casse dello Stato, mandando qualcuno in galera.
Ma Francesco, come scelse di chiamarsi rompendo la tradizione che aveva tenuto fuori dal cast pontificale il nome del santo di Assisi, predicava il riversamento delle tasche dei ricchi nelle mani dei poveri, come fecero Peron ed Evita, e poi Conte, che ha dissestato l’economia per l’ambizione puerile e fiabesca di “eliminare la povertà”. Francesco ebbe una lite faccia a faccia con Donald Trump alla sua prima presidenza, quando si trovarono uno di fronte all’altro, divisi dalla frontiera messicana. Tutti lo ricordiamo in bicicletta ai tempi del conclave con la sua sottanona nera da gesuita. L’ultima discutibile e anzi sciagurata impresa di Bergoglio è stata quella di abbandonare, al proprio destino di arresti e condanne, la Chiesa cattolica cinese di Hong Kong, delegando al Partito comunista cinese la scelta dei vescovi cattolici.
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