“Solidarietà e sostegno ai carabinieri”. E’ il testo presente sul cartello che aveva tra le mani Vincenzo Russo, papà di Ugo, il 15enne ucciso nella notte di domenica 1 marzo da un militare libero dal servizio nel corso di un tentativo di rapina. Vincenzo ha accolto l’invito di Gianni Simioli, conduttore della “Radiazza” su radio Marte e del consigliere ragionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli partecipando al flash mob che questa mattina, venerdì 6 marzo, si è tenuto davanti alla Caserma Pastrengo, sede del Comando provinciale dei carabinieri di Napoli, dove poche ore dopo la morte di Ugo due persone in sella a uno scooter hanno esploso diversi colpi d’arma da fuoco.
“HA SBAGLIATO MA VOGLIO VERITA'” – “Io, mia moglie e i miei figli vogliamo soltanto la verità per la morte di Ugo. Lui ha sbagliato e ha pagato caro, non voglio giustificare il suo gesto ma questo non deve più capitare perché è un dolore troppo forte” ha spiegato Vincenzo ai giornalisti presenti. L’uomo ha ribadito la propria fiducia nello Stato annunciando di voler trasformare la rabbia e il dolore per la morte del figlio in aiuto per i giovani a rischio.
“CREDO NELLO STATO” – “Senza carabinieri, polizia, guardia di Finanza, senza lo Stato in generale ci ritroveremmo in piazza con le frecce come gli indiani, saremmo tutti prede e predatori” osserva aggiungendo: “Io credo nello Stato anche perché in caso contrario dovrei solo salire su un terrazzo e buttarmi giù”. A chi gli chiede se la sua presenza al flash mob sia una provocazione all’Arma, Vincenzo chiarisce: “Sono stato invitato in diretta Radio dal consigliere Borrelli e da Simioli. Non si tratta di nessuna provocazione”. Poi sulla devastazione del pronto soccorso spiega: “C’è chi addirittura ha sostenuto che siamo stati io e mia moglie ad organizzare tutto, radunando persone con l’intenzione di sfasciare l’ospedale”.
“NON SAPEVO DELLE RAPINE” – Intanto l’autopsia sul corpo di Ugo è stata effettuata alle 14 al Secondo Policlinico di Napoli. “Non sappiamo ancora quando si faranno i funerali” chiarisce il genitore ricordando poi quei drammatici attimi: “Quando mi hanno chiamato e mi hanno detto che avevano sparato a Ugo, pensavo fosse stato vittima di qualche stesa o di una rissa tra ragazzi. Se avessi saputo che mio figlio andava in giro a fare le rapine, sarei andato a prenderlo in strada”.
“LAVORAVA PER 50 EURO A SETTIMANA” – Vincenzo racconta che “a Ugo imponevo di andare a lavorare, ha fatto il barista per 50 euro a settimana dalle 8 di mattina alle 8 di sera. Poi il fruttivendolo. Quando si lamentava per gli orari e la paga gli davo un altro 50 euro a settimana. Poi ha iniziato a fare il muratore, lavorava alla giornata. Era molto forte fisicamente, più forte di me”.
LA FEDINA PENALE – In questi giorni sono stati più volte sottolineati i precedenti con la giustizia (come rapinatore) del papà di Ugo: “Chi ci condanna a prescindere in base al nostro passato ha il veleno in corpo. Non si può parlare così sulla morte di un ragazzo di 15 anni” ha precisato prima di negare qualsiasi contatto con il carabiniere 23enne che ha ucciso suo figlio: “Non c’è stato nessun contatto con il carabiniere che ha ucciso Ugo. Non lo abbiamo mai sentito. La famiglia del suo amico (il complice di 17 anni finito in Comunità, ndr) viene tutte le sere a casa mia e piangiamo insieme”.