I 10 incontri di Francesco
Il Papa leader spirituale di un G7 senza capi forti e senza idee in grado di cambiare un mondo
Il Pontefice ha rimesso al centro la Santa Sede, mentre l’Occidente è in affanno e i Sette non sono in grado di rispondere alle nuove sfide. Lo Zar detta le condizioni per la fine del conflitto: Ucraina e Usa rifiutano
“Ancora vivo”. Papa Francesco è sbarcato così a Borgo Egnazia, mentre veniva accolto da Giorgia Meloni. Con una battuta ormai diventata una costante degli incontri del Santo Padre, ma anche con l’immagine del vero grande leader atteso in questo G7. Tra il bacio di Justin Trudeau, gli abbracci con e Lula, Javier Milei e Narendra Modi, la prima volta per un Pontefice nella riunione dei sette “grandi” della Terra, il vertice pugliese è infatti servito al Pontefice per rimettere al centro della scena una Santa Sede che – soprattutto negli ultimi tempi – era apparsa in difficoltà sul fronte interno ma anche della sua tradizionale forza diplomatica.
La mediazione del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha dato risultati soprattutto sul lato umanitario, ma non ha ricevuto quel sostegno internazionale necessario per innescare un vero dialogo tra Kiev e Mosca. Allo stesso tempo la guerra nella Striscia di Gaza si è dimostrata un campo altrettanto difficile per la Chiesa cattolica, che si trova a dover gestire l’enorme crisi umanitaria che ha colpito i suoi fedeli, la centralità della Terra Santa, la distanza con il governo di Benjamin Netanyahu così come con i governi mediorientali. E sul fronte ideologico e culturale, il Papa non si può dire certamente in linea con la maggior parte dei leader presenti nel consesso pugliese, considerato che già solo con il cattolico Joe Biden ha avuto più di una divergenza specialmente per quanto riguarda l’aborto (tema caldissimo anche in questa riunione).
Eppure, nonostante tutto questo, Francesco è riuscito a inserirsi nel G7 di Borgo Egnazia come una guida spirituale di un Occidente che cerca di provare una nuova strada per allargarsi al resto del mondo. Un mondo che, come visto specialmente in questi anni, dell’Occidente sembra sempre più in grado di fare a meno. Con dieci incontri bilaterali, tra cui quello con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e con un discorso incentrato sulle sfide dell’intelligenza artificiale, i pericoli della tecnocrazia, il richiamo i doveri di una politica “sana”, Francesco ha inviato un messaggio chiaro ai leader presenti in Puglia. E a molti osservatori non è sfuggito il fatto che il Pontefice si sia quasi imposto come leader spirituale di un G7 senza leader forti e senza idee davvero in grado di cambiare un mondo in cui l’Occidente è in affanno. E che da Borgo Egnazia prova a ripartire pur ammettendo, implicitamente, che il summit, per come è stato concepito, pecca ormai di una sua vera forza.
Allargato ad altre nazioni, all’Unione europea e alle organizzazioni internazionali, il G7 è una piattaforma destinata a cambiare di fronte a un mondo che è già cambiato. E la dimostrazione di quest’accelerazione è la stessa bozza della dichiarazione finale. Dagli avvertimenti alla Corea del Nord ai timori per la crisi in Venezuela, ai 50 miliardi di aiuti a Kiev finanziari con i profitti degli asset russi, dal richiamo al caos libico, all’attenzione sulle vittime civili nella Striscia di Gaza, fino alla sfida della Cina nel cyberspazio e al cambiamento climatico, l’idea della dichiarazione conclusiva di questo vertice italiano è quella di una summa di tutti i temi più importanti del mondo. Ma sono tutti temi e sfide che l’Occidente, almeno fino a questo momento, non è riuscito ad arginare né può affrontare in larga parte da solo. Meloni, padrona di casa di questo G7, incassa l’accento sul Piano Mattei per l’Africa: pilastro dell’agenda estera di questo governo che, al momento, deve tuttavia essere ancora concretizzato.
Intanto il mondo al di là di questo vertice va avanti per la sua strada. E lo confermano anche le parole di Vladimir Putin che, oltre ad accusare di “furto” l’idea di congelare gli asset russi, ha anche lanciato la sua “proposta di pace” per l’Ucraina: il ritiro di Kiev dalle regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizia e Kherson, la rinuncia definitiva a entrare nella Nato e il conseguente stop a ogni operazione russa. Zelensky e gli Usa non hanno potuto fare altro che rispedire al mittente questo piano, ma è il segnale di come al Cremlino siano certi che il conflitto possa continuare fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati, anche a costo di un enorme tributo di sangue e mentre continua la pioggia di missili sul Paese invaso. Pioggia che rischia di fare arrivare la popolazione ucraina a un inverno senza centrali elettriche. Tra le polemiche sulle condizioni degli agenti, la “nave della vergogna” e una popolazione affascinata e paralizzata da questo vertice dei Grandi nel cuore della Puglia, Meloni può dire che il G7 ha avuto comunque il ruolo di rimettere al centro della scena l’Italia: unico governo ad avere il consenso in patria. Ma chiuso il sipario, la diplomazia già ha le sue grane. Il summit per la pace in Svizzera rischia di naufragare sotto le minacce di Putin e l’assenza della Cina. E la guerra in Medio Oriente appare sempre più ferma in un inquietante caos.
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