Non ci sa proprio fare con la politica, il ministro Carlo Nordio. Avrebbe potuto restare impassibile, di fronte alla figuraccia di chi, la magistratura, si è lasciato scappare un russo ricercato negli Stati Uniti. Avrebbe potuto allargare le braccia e dimostrare, come è, che il suo ministero e lo Stato italiano hanno fatto di tutto per trattenere fino all’estradizione in un carcere italiano il signor Artem Uss, figlio di un governatore molto vicino a Putin e ricercato per contrabbando di tecnologie militari e di petrolio.

Avrebbe potuto fermarsi lì. Invece, forse mal consigliato dalla squadra di magistrati di cui ha infarcito, come tutti i suoi predecessori, il ministero, ha presentato al procuratore generale della cassazione la richiesta di avviare l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati della corte d’appello di Milano che avevano accolto la richiesta degli avocati Vinicio Nardo e Fabio De Matteis di concedere a Uss gli arresti domiciliari nella sua villetta di Basiglio, vicino a Milano. Luogo da cui il detenuto è evaso. Così, invece di uscire dalla vicenda indenne e lodato per la sua intransigenza, il ministro con la sua iniziativa contro i giudici garantisti, ha ottenuto il risultato di avere contro sia il sindacato delle toghe più corporative, sia anche gli avvocati, che temono un futuro di giurisprudenza difensiva e più rigida sulla custodia cautelare. E ieri siamo arrivati all’aula di Montecitorio, dove si è aggiunto il carico di critiche da parte delle opposizioni. Non molto ferrate sulla procedura penale, a partire da Debora Serracchiani del Pd, che pure è avvocata.

Perfetta ricostruzione dei fatti, da parte del ministro, e impeccabile lezione di diritto processuale penale. Ma una buccia di banana in fondo. L’imprevisto che non ti saresti aspettato da un come Carlo Nordio. Un intervento non contro l’eccesso di custodia cautelare, ma addirittura una richiesta di far punire chi ha scarcerato. Cioè la corte d’appello di Milano che ha mandato a casa l’imprenditore russo Artem Uss, ricercato dagli Stati Uniti e in seguito scappato e tornato in Russia. E’ questo che va chiesto al garantista Nordio. Non se il governo Meloni sia responsabile di essersi lasciato scappare dall’Italia un ricercato. Ma perché il ministro voglia far punire tre giudici che in buona fede hanno ritenuto ci fossero elementi rassicuranti, come avere una casa e una famiglia con bambini che vanno a scuola, per fidarsi di una detenzione domiciliare con il controllo del braccialetto elettronico. Farli punire con l’azione disciplinare, come se in un certo senso la fuga del detenuto fosse prevedibile e quindi i tre che hanno accolto la richiesta dei difensori fossero complici di quell’evasione.

Perché richiedere l’azione disciplinare? E ribadirlo, proprio mentre lui stesso, ancora una volta ieri, ha ribadito che la custodia cautelare in carcere deve essere “l’eccezione delle eccezioni”? Può esserci un dissenso sull’opportunità di scarcerare un trafficante e potente russo ricercato dagli Stati Uniti per gravi reati, e su questo il ministro, così come la procura generale di Milano, possono avere ragione. Tanto più che il detenuto è evaso e tornato al suo Paese, non senza aver ringraziato gli “amici” che ne hanno sostenuto la fuga fino alla Slovenia. Una fuga tra l’altro sotto il naso dei nostri servizi di sicurezza, che in questa vicenda paiono del tutto assenti. Ma rimane il fatto di principio. E pesano, come ha ricordato, nel corso della discussione parlamentare, il deputato Enrico Costa di Italia Viva, le 1.500 azioni annue presentate ogni anno da cittadini italiani per ingiusta detenzione. E le archiviazioni che seguono alle richieste. Cosa di cui il Guardasigilli è ben conscio.

Tanto da ricordare “le migliaia di cittadini sottoposti a procedimenti penali con accuse rivelatesi poi infondate”. Ma il paradosso sta tutto qui. Nella contraddizione tra le ragioni del rappresentante del governo che ha compiuto il proprio dovere, nel rispetto della legge, giorno dopo giorno, e che si ritrova, agli occhi di un alleato importante come quello degli Stati Uniti, a parere responsabile di essersi fatto scappare sotto il naso un ricercato russo, per decisioni che non sono state sue. Avrebbe potuto il ministro Carlo Nordio limitarsi a spiegare, come in realtà ha fatto, al Dipartimento di giustizia Usa che in Italia la separazione dei poteri comporta un’autonomia totale dei giudici. E che rispetto alle loro decisioni in nessun modo il governo avrebbe potuto intervenire per impugnare la decisione. Avrebbe potuto, ma non lo ha fatto.

Avatar photo

Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.