Per un Pd “laburista”. A tratteggiarlo con Il Riformista è Marco Bentivogli, coordinatore nazionale di Base Italia, un passato da leader dei metalmeccanici,
C’è chi avverte il rischio che il dibattito congressuale del “nuovo” PD finisca per appiattirsi sul “vecchio” rito della corsa alla segreteria. Lei come la vede? E le candidature in campo la convincono?
Come dice un vecchio amico, il Pd è come l’Atac. Ha cambiato 10 amministratori delegati ma va sempre peggio. Non c’è consapevolezza della gravità della sconfitta, elettorale e politica e non vi sono idee all’altezza della situazione. E oggi la media dei sondaggi dà il Pd sotto di 3 punti rispetto al 25 settembre.
Perché?
Perché accanto alle dimissioni di Letta, tutto è ripartito come se niente fosse. Il patto di sindacato tra caporali è l’unica cosa in piedi. Insieme a gruppo parlamentare al 95% nominato (nei listini bloccati) dalla Segreteria. Vivere di autolegittimazione è il motivo della scarsa credibilità. Gli iscritti sono pochissimi ed è l’unico caso in cui il tesseramento online non da trasparenza almeno ai segretari di circolo di quante persone hanno scelto il Pd per il 2022. Per questo si danno risposte a domande che nessuno ha fatto. Nessuno ha chiesto di cambiare la Carta dei valori del 2007, il nome, la sede, il sito web. Su cui si fanno questionari. Gli elettori e soprattutto gli ex elettori hanno chiesto di cambiare radicalmente il gruppo dirigente. E invece il ceto che ha portato a livello nazionale e locale alla sconfitta si sta posizionando dietro al candidato che ha più chanches. Fa bene Nardella a dire che con Bonaccini il gruppo dirigente cambierà dalla A alla Z. Spero che anche Elly Schlein condivida. Da due anni il gruppo dirigente ha una grande proposta per il paese: allargare il Pd ad Art.1 e Demos. Con grande rispetto per entrambe le realtà, solo chi ha in testa un vecchio presepe può pensare che si aggreghi “a sinistra” e “nel mondo cattolico” con simili operazioni. Demos ha peraltro chiarito che non parteciperà alla seconda fase, quella in cui si passerà all’iscrizione al nuovo Pd, Art.1 ha chiesto come condizione il cambio di nome, statuto e carta dei valori. Matrimoni su cui si è consumato già un intero percorso di partecipazione come le Agorà, e già testata la portata il 25 settembre. Eppure insistono. Tornare a parlare col paese è questo?
Quindici anni di Parlamento non sono già un buon periodo?
Sono sicuro che non si vuole fare un nuovo partito per azzerare le regole sui mandati. 3 sono 15 anni di Parlamento. Quelli che li hanno superati sono certo che non considerino l’esperienza parlamentare come il nuovo “posto fisso”. Propongo per chi è in pensione al massimo 2 mandati. Perché copiamo le cose peggiori dai 5S e non questa? E i 2/3 di tutti gli organismi composte da persone sotto i 65 anni. Bisogna poi applicare l’art.49 della Costituzione. Vale anche per il Terzo polo. Troppe deroghe, servono verifiche “terze” della gestione del tesseramento, della gestione delle risorse, del funzionamento secondo “metodo democratico” degli organismi. Iniziamo a discutere della forma partito prendendo spunto dalla legge tedesca.
Un PD “laburista”. E’ questo l’orizzonte a cui tendere? E come andrebbe declinato quel “laburista”?
Abbiamo il mercato del lavoro più diseguale d’Europa. Gli ultimi 20 anni di politiche del lavoro hanno aiutato questo risultato. Può il Pd chiamarsi fuori da queste responsabilità? Il Pd deve essere un partito laburista nel senso che deve smettere di considerare il lavoro “uno” dei temi ma “il tema”. La disoccupazione è un problema drammatico dal punto di vista umano, sociale, economico, ma è anche un problema di accesso alla democrazia che ha troppi viene privato. La battaglia del lavoro dignitoso deve diventare la sfida fondamentale. Serve un partito che ascolti, rispetti e sostenga il sindacato. Nel reciproco rispetto delle autonomie, senza dare né prendere ordini.
Un tempo si diceva del Pci, “partito di lotta e di governo”. E del “nuovo Pd”?
Serve un partito “adulto” che sappia discutere, scontrarsi sulle idee e rispettoso delle persone. Ricostruire una comunità politica ed umana nel territorio. Troppi dirigenti locali considerano i circoli i loro personali comitati elettorali, nient’altro. Serve invece un partito sulla strada, in uscita, che vive tra le persone perché le rappresenta. Ne raccoglie il disagio, la rabbia ma anche l’energia migliore perché sa dare, alla condizione umana, forma, contenuto, strategia politica. La destra e la sinistra interna viene definita non dalle idee ma dal diverso grado di abiura a Renzi. Vi sembra serio annoiare il paese con uno scontro tra ex renziani? Un partito di sinistra in cui contano più i conduttori dei talk che gli operai vi sembra credibile? Serve un partito che sia il perno del centrosinistra di Governo capace di riprendersi i voti della comunità del lavoro andate a destra. Non si ridiventa “votabili” da chi ha dato fiducia alla destra se non ci si mette in discussione. Dire “noi/loro” sull’azione di Governo ormai fa tenerezza. Sulla Giustizia e le proposte del Ministro Nordio come si fa ad essere contrari?
A proposito di governo. Qual è, a suo avviso, la cifra politica del governo Meloni?
Il Governo tranne lodevoli eccezioni è di bassissimo profilo. È tuttavia abile a far partire il dibattito pubblico su quotidiane “lepri di pezza” identitarie e a far misurare l’opposizione su quelle. Nel mentre non è capace di dare risposte ai grandi problemi del paese. Abbiamo il cuneo fiscale in media più alto di 10 punti rispetto all’Europa e quelli che proponevano lo shock fiscale pensano che si possano aiutare le famiglie con 35 euro. La legge di bilancio raccoglie i benefici del lavoro di Mario Draghi da un lato e dall’altro ricompensa gli evasori, sul contante, sulle cartelle di 7 anni fa. Ma quella è la loro base sociale. E la nostra?