L’ammuina sul Superbonus. Le professioni di antifascismo e l’ortodossia europeista. Dietro l’attivismo di Antonio Tajani c’è l’istinto di sopravvivenza di Forza Italia. Con la conseguente paura di essere fagocitati da Fratelli d’Italia. Un deputato azzurro la mette giù dritta, in un corridoio di Montecitorio: “Mi sembra logico che non possiamo apparire come la bad company di FdI”. Pazienza se, dopo le elezioni europee, Giorgia Meloni sogna di intraprendere i primi passi di un lungo percorso che porterebbe i berlusconiani a fondersi nel “partito unico dei conservatori”. Il predellino 2.0 di Meloni. Che non ha rinunciato all’obiettivo di incorporare Forza Italia.

Ma il partito scalpita e la famiglia Berlusconi è tentata di chiudere i rubinetti finanziari che consentono la sopravvivenza economica della creatura fondata da papà Silvio. Quindi Tajani è costretto a muoversi. Anche perché, nelle ultime settimane, dopo mesi di crescita, arrivano i primi segnali negativi dai sondaggi. Forza Italia è stagnante. La cavalcata sembra essersi arrestata. Pare sfumare il traguardo ambizioso del sorpasso ai danni della Lega. Il Carroccio sta godendo di un piccolo, ma significativo, “effetto Vannacci”. Tajani deve “virare a sinistra” per non scomparire. Il partigiano Antonio indossa il fazzoletto e sale in montagna. Si presenta a Piazzapulita, talk show nemesi dei meloniani, per dire che lui è “assolutamente antifascista”. La Meloni? “Deve chiedere a lei”, risponde Tajani a Corrado Formigli.

Se fino a qualche giorno fa, il ministro degli Esteri ci teneva a marcare le differenze solo con Matteo Salvini, adesso si smarca pure da Meloni. Infatti a Palazzo Chigi la premier comincia a nutrire dubbi perfino sull’altro vicepremier, quello che veniva considerato il più affidabile e devoto tra i due alleati. Non solo: c’è anche la competizione al centro. Con Stati Uniti d’Europa di Matteo Renzi e Emma Bonino e Azione di Carlo Calenda. Entrambe le liste dell’ex terzo polo mostrano segni di buona salute. Così Tajani si rilancia come europeista, approfittandone per assestare una stoccata agli alleati sovranisti dell’altro competitor, Salvini. “Gli estremisti come AfD non agevolano un’Europa coesa. Alcune posizioni di AfD mi fanno schifo, ad esempio la differenziazione tra bambini normali e no”, spiega Tajani. Per l’occasione mette da parte i toni compassati.

Al leader di Forza Italia non resta che proporsi come il riferimento italiano del Partito Popolare Europeo: “Gli estremisti diffi cilmente vinceranno in Europa. Ci sono baluardi solidi come il Ppe”. La bacchettata agli alleati tedeschi di Salvini è il gancio perfetto per colpire Roberto Vannacci, il generale de Il Mondo al Contrario candidato dalla Lega. “Vannacci? Io sono contrario alle classi separate, sono per l’integrazione. Figuriamoci…”. Tajani ieri è stato rapido, tra i pochi nel centrodestra, a celebrare la Giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. Il ministro ha incontrato l’associazione dei dipendenti Lgbti del Ministero degli Esteri e ha ricordato come “la lotta contro ogni forma di discriminazione sia parte integrante dell’impegno dell’Italia per la protezione e la promozione dei diritti umani a livello internazionale, in ambito Nazioni Unite”.

Un gioco delle parti, per non finire triturato dal duo sovranista Salvini-Vannacci e da Giorgia Meloni, che cerca il plebiscito alle europee anche per mettere nel mirino Forza Italia. Tajani stempera le polemiche su Ilaria Salis, in corsa per Bruxelles e Strasburgo con Alleanza Verdi e Sinistra: “Salis ha ringraziato l’ambasciatore italiano in Ungheria e le istituzioni, compreso il governo, per quello che hanno fatto per lei”. Per FI l’obiettivo dichiarato è il 10% alle europee. Un traguardo diffi cile da raggiungere, almeno stando ai sondaggi. Competizione a destra e al centro. Paura di fi nire divorati da FdI e spada di Damocle dei soldi della famiglia Berlusconi. La campagna elettorale di Tajani è più diffi cile di ciò che sembra.