Democrazie in Progress
Il potere di una frase può far andare in fiamme il mondo: l’incendiario Trump e la necessità di un esercito comune europeo

Siamo rimasti tutti attoniti e, soprattutto sbalorditi gli addetti ai lavori, per l’ennesimo salto di qualità nella dialettica Trumpiana: il candidato alla Presidenza USA Repubblicano ha infatti detto, con toni duri, che inviterebbe la Russia a invadere i Paesi Nato che non rispettano gli impegni di spesa all’interno dell’alleanza. A parte la violenza di tali affermazioni, degne di dittatori e autocrati del secolo scorso, se ci sforziamo di guardare in controluce queste affermazioni possiamo vedere risvolti terrificanti e potenzialmente devastanti per il futuro della sicurezza globale.
Infatti, è sicuramente poco ortodosso e, diciamocelo, ripugnante il tono aggressivo e di sfida verso i Paesi alleati, ed è un gesto da condannare e da rigettare con ogni forza: bene ha fatto Stoltenberg a rispedire al mittente tali affermazioni. Ma se guardiamo attentamente, possiamo scorgere un risvolto ancora più agghiacciante: il fatto che un potenziale futuro Presidente degli Stati Uniti d’America dica una cosa del genere, fa venire meno il deterrente più importante rappresentato dall’Alleanza Atlantica, ovvero l’art 5. del Trattato della Nato che sancisce il principio del “attacchi uno di noi, attacchi tutti”.
Questo è il principio, prima ancora che bellico o di armamenti, di softpower che ha dato forza e solidità alla NATO in questi decenni dopo la Seconda Guerra Mondiale e che ha garantito pace e sicurezza in Occidente, incutendo timore in qualsivoglia nemico esterno per la paura di mettersi contro non solo una singola nazione, ma tutte le forze militari occidentali in un colpo solo. Di per sé, infatti, la NATO altro non è che un tratto internazionale che fonda la sua forza e la percezione esterna che si ha di essa grazie alla prassi, alla consuetudine, alla dimostrazione quindi fattiva che quelle parole scritte in calce non sono solo degli intenti, degli auspici, bensì concreta realtà e minaccia per chiunque voglia cagionar danno ai membri della stessa alleanza.
Si potrebbe quindi dire che la forza della NATO risieda piuttosto nella sua credibilità politica internazionale che nella sommatoria di arsenali militari dei singoli Paesi membri, che comunque va riconosciuto, fanno la loro parte. Se nell’immaginario collettivo internazionale questa credibilità si incrina, il rischio è che si inneschi un vortice distruttivo da cui è difficile uscirne, perché chi ha proferito queste parole non è un pazzo qualunque: ma uno dei candidati alla guida del Paese leader dell’alleanza, che è già stato a capo di quel Paese e che detiene un consenso enorme tale da rendere plausibile la sua ascesa alla presidenza per la seconda volta, nella peggiore delle ipotesi, ma comunque influenzare la politica nazionale americana grazie a un forte sistema di pesi e contrappesi nella migliore delle ipotesi.
Non a caso Putin ha subito colto questo spiraglio e si è inserito in una diatriba tra Biden e Trump sfruttando le dichiarazioni del Tycoon criticandole e affermando che “Biden è sicuramente più adeguato per il ruolo di Presidente”. In altri tempi sarebbe sembrato un endorsement, per certi versi anche irriverente; invece, ora suona più come un abbraccio mortale utile per mettere in cattiva luce l’inquilino della Casa Bianca e avvicinare l’ipotesi di Trump nuovamente alla guida degli States, lo scenario ideale per i disegni imperiali di Mosca. Chi è il grande assente in tutto questo? Come sempre, un vero esercito europeo, con una guida politica forte dell’Unione Europea, capace di colmare quel vuoto di credibilità che, presto o tardi, la NATO rischia di non colmare più come un tempo, facendo venir meno il softpower in grado di creare deterrenza militare nello scacchiere mondiale senza mai veramente ricorrere a dimostrazioni di forza.
La NATO come organizzazione fu una grande intuizione, non solo militare, ma soprattutto di innovazione democratica delle istituzioni internazionali. Se rischia però di perdere slancio a causa del progressivo disimpegno degli USA e il rischio dell’affermazione di un neo-sovranismo auto isolazionista statunitense, beh, l’esigenza storica di una difesa comune europea è lì nitida dinanzi a noi, in controluce e sullo sfondo, che ci richiama alla responsabilità che hanno oggi le classi dirigenti europee di non nicchiare più: il tempo è giunto, ed è ora.
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