Il processo a Éric Dupond Moretti, storia di un abuso giudiziario: il postulato dei pm che dichiararono guerra al ministro

L’accusa: Lasciamo da parte per un momento le discussioni dotte sulla definizione del reato di «presa illegale di interessi» (l’abuso di potere d’Oltralpe), per giudicare con buon senso l’infamia di cui si sarebbe macchiato. Al Ministro della Giustizia francese Éric Dupond Moretti è stato rimproverato di aver seguito le raccomandazioni della sua amministrazione volte a proseguire le indagini avviate prima della sua entrata in carica, contro Magistrati che avrebbero commesso, quanto meno, gravi illeciti deontologici. Egli avrebbe insomma avuto il torto di lasciare prosperare indagini condotte da commissioni indipendenti, al termine delle quali una giurisdizione altrettanto indipendente avrebbe potuto infliggere una sanzione disciplinare. Ma in cosa consisteva l’ignominia del delitto che giustificava il processo di un ministro in carica davanti alla Corte di giustizia della Repubblica per la prima volta dalla sua creazione?

Il postulato o pregiudizio

Per quale inverosimile alchimia questo «comportamento», di cui nulla indicava a priori un qualsivoglia abuso, poteva cadere sotto il colpo di una legge penale per sua natura afflittiva e infamante?
Molto semplicemente, ma con altrettanta chiarezza, perché il Ministro avrebbe potuto trarre soddisfazione personale dal fastidio inflitto ai magistrati interessati. E questa pretesa «soddisfazione» non dipende da un’introspezione profonda dell’anima dell’interessato ma da un postulato, che, come tale, non va dimostrato.
Il «postulato», strumento moderno che avrebbe fatto impallidire senza dubbio i luogotenenti di giustizia d’un tempo, consisterebbe nel fatto che il Guardasigilli sarebbe stato, anteriormente alla sua entrata in servizio, in quanto avvocato e a titolo personale, irritato dalle azioni dei magistrati oggetto dell’investigazione.
Il che ci sposta sul limitrofo tema dell’essenza del reato di acquisizione illegale di interessi di cui il Ministro era accusato.

In origine, l’intento era quello di reprimere in modo ampio tutte le forme di abuso di potere consistente nel far prevalere un interesse personale (evidentemente di natura economica) con danno dell’interesse generale. Il legislatore, tuttavia, ha redatto imprudentemente il testo di legge in modo molto vago e a tal punto estensibile che la giurisprudenza è riuscita a snaturarne totalmente il senso.
Il testo condanna infatti il fatto «di ricevere o custodire direttamente o indirettamente un qualsiasi interesse in un’impresa o in un’operazione di cui essa ha al momento dell’atto, in tutto o in parte, l’onere di assicurare la sorveglianza, l’amministrazione, la liquidazione o il pagamento.»
E «qualsiasi interesse» è sintagma assai vago.
È in effetti in questa breccia che la giurisprudenza si è incuneata per affermare, in un primo tempo, che il comportamento incriminato poteva non essere contrario all’interesse generale e, successivamente, che «l’interesse qualsiasi» poteva essere di natura puramente morale.

Da abuso di potere a delitto di immoralità

Ed ecco come in nome di una virtù che va ben oltre lo spirito della legge la Corte di Cassazione ha trasformato il delitto di abuso di potere in delitto di immoralità.
Da lì a trasformarlo in uno strumento di caccia alle streghe c’era solo un passo…
La procedura che ha portato al processo di Éric Dupond Moretti davanti alla Corte di giustizia della Repubblica non era evidentemente che una farsa.
Questa farsa fu un’impresa isterica di destabilizzazione attuata da un gruppo di inquisitori che si sono né più né meno appropriati dell’istituzione giudiziaria in spregio alle regole cardinali della democrazia. Un’impresa di destabilizzazione il cui obiettivo era di espellere dal ministero, che ritengono
il loro feudo, colui che ai loro occhi si era reso colpevole di crimine di «lesa-maestà» rivelando, quando era ancora avvocato, certe derive che minacciano la giustizia penale, derive che tutti gli attori del mondo conoscono e che molti tacciono nel migliore dei casi per riserva o per lealtà (temendo forse
che il discredito sull’istituzione sia più temibile del male stesso) e nel peggiore dei casi per codardia o per opportunismo.

“La dichiarazione di guerra”

Il fatto sta che il giorno stesso dell’annuncio della nomina a Guardasigilli del più famoso avvocato penalista francese, una rappresentante di un sindacato della Magistratura dichiarava che la predetta nomina non era altro che una «dichiarazione di guerra contro la magistratura.»
Notiamo a proposito che l’immediatezza di questa dichiarazione escludeva evidentemente qualsiasi consultazione preliminare degli aderenti al suddetto sindacato.
Venne poi molto rapidamente il tempo di una moltitudine di denunce presentate da vari sindacati della magistratura con l’esigenza immediata delle dimissioni del ministro.
E ancora dopo, il tempo delle azioni giudiziarie ordinate dal Procuratore Generale della Corte di Cassazione François Molins (al quale il posto di Guardasigilli sarebbe passato sotto il naso, secondo insistenti voci di corridoio). Ancora una volta le dimissioni del Ministro furono richieste con toni accesi.
Poi è arrivato il momento del rinvio a giudizio con nuova e instancabile richiesta di dimissioni.

Il processo al ministro e la falsa testimonianza

Finalmente è giunto il momento del processo davanti a una giurisdizione ad hoc composto da 3 giudici togati e di 12 parlamentari.
Una farsa durata due settimane con testi- giudici e accusatori balbuzienti davanti a un’opinione pubblica interdetta, tra cui il “nostro” Procuratore Generale Molins, ormai in pensione, colto per ben due volte in flagranza di falsa testimonianza.
Nonostante la supplica del Pubblico Ministero di infliggere una pena, pur simbolica, per salvare nientemeno che lo “stato di diritto”, il ministro è stato assolto.
Annusando il vento dell’opinione pubblica girare, il Pubblico Ministero ha rinunciato all’ultimo momento a presentare un ricorso in cassazione in nome di una pretesa “volontà di distensione”.

Si è voltata pagina, ma per quanto tempo? E quante voci si sono fatte sentire contro questa inverosimile deriva? Molte, molte di più di quanto si creda, ma complessivamente poche.
Aveva ragione l’avvocato francese Montesquieu:
“Non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia”.

La scheda del preocesso

L’accusa:
per Eric Dupond-Moretti, Ministro della Giustizia francese del Governo Borne, l’accusa è di conflitto di interessi e abuso d’ufficio in due casi specifici, entrambi legati alla passata attività di avvocato penalista: avrebbe abusato della sua carica ministeriale per regolare i conti con alcuni magistrati con cui aveva avuto a che fare nel corso della sua carriera professionale.

Le date:
2021 – inizio delle indagini su impulso di una denuncia dei principali sindacati della magistratura francese;
2022 – la Commissione istruttoria decide per il rinvio a giudizio; il Ministro ricorre per Cassazione;
2023 luglio – la Corte di Cassazione conferma il rinvio a giudizio;
2023 novembre – inizio del processo innanzi alla Corte di Giustizia della Repubblica, abilitata a giudicare i membri del governo per fatti commessi nell’esercizio delle loro funzioni; il processo durerà 10 giorni;

Com’è finita?
Il processo si conclude con l’assoluzione di Dupond-Moretti da ogni accusa, pronuncia divenuta definitiva nel dicembre 2023 grazie alla rinuncia all’impugnazione da parte della Procura.