L’Università Link, sul tratto più centrale della via Aurelia antica a Roma, è una piccola Oxford immersa nel verde, con un grande campus, i campi da tennis, caffetterie, ristoranti e due biblioteche. Se qualche anno fa era nota per le ombre – il caso Mifsud, le barbe finte, una gestione opaca – oggi ha cambiato decisamente pelle.

Rettore Carlo Alberto Giusti, lei è il più giovane d’Italia. Oggi si vota, vuole fare un appello ai giovani che andranno ai seggi per la prima volta?
«L’astensionismo è un problema che coinvolge soprattutto gli elettori più giovani. Faccio un appello a tutti i nostri studenti e più in generale a coloro che da poco hanno acquisito, con la maggiore età, questo diritto meraviglioso, che va vissuto però anche come un dovere civico: andate alle urne, fate la vostra scelta, concorrete alla libera elezione di coloro che rappresenteranno il nostro Paese in Europa. Se non lo fate voi, ci penseranno gli altri: e sarà un’occasione persa».

Veniamo a lei: un Rettore giovane, con una formazione internazionale, americana. Già al terzo anno dall’inizio del mandato. Come è cambiata la Link?
«Radicalmente. Abbiamo puntato tantissimo sull’internazionalizzazione dell’ateneo. Sono rientrato proprio ieri da Los Angeles, dove ho firmato un accordo di collaborazione con una prestigiosa università della California, che si aggiunge agli altri siglati sia nella East che nella West Coast».

Per dare qualche dato?
«Abbiamo raddoppiato gli iscritti. Superiamo il migliaio di studenti, di cui il 30% ha passaporto internazionale. Abbiamo ereditato nel 2020 una università con una trentina di professori strutturati, ad oggi Link Campus ne registra 125 ed è in animo di allargare ancora di più le proprie fila nei prossimi anni. La curva del nostro successo è in salita: crescono i docenti, aumentano gli studenti. Le nostre lezioni sono fruibili in italiano e in inglese. Abbiamo curvato la nostra linea accademica e di insegnamento sulle materie più attuali: Intelligenza artificiale, cybersecurity, tutte le declinazioni più richieste della giurisprudenza e dell’economia. E a questi si aggiungono il corso di Laurea in Medicina e Chirurgia a Roma, Ingegneria Informatica nella sede di Napoli e Scienze della Formazione Primaria a Città di Castello».

Riuscite a richiamare anche eccellenze dall’estero?
«Abbiamo assunto una eccellenza accademica che prestava il proprio servizio presso l’Università della California a San Diego, nella facoltà di Patologia. Adesso è professore presso il nostro nuovo dipartimento di Medicina e gli ho conferito l’incarico di Delegato alla ricerca. Proprio perché la ricerca, come ricorda l’Anvur, deve essere caratterizzata da quei profili internazionali che la irrobustiscono. La ricerca è il frutto di un lavoro fatto da più colleghi che provengono da sistemi accademici diversi».

Le università stanno tornando ad essere piazze della politica. Movimenti, occupazioni. Qua e là anche episodi gravi: hanno impedito di parlare a un giornalista ebreo, a La Sapienza, perché considerato filoisraeliano. Cosa sta succedendo?
«Tutta la mia solidarietà quando ci sono questi episodi spiacevoli. Tutte le università del mondo – perché sono fenomeni globali – attraversano una fase di fermento. Condivido la riflessione che ha fatto la presidente della Conferenza dei rettori italiani – Crui, Giovanna Iannantuoni, insieme alla Ministra dell’Università e ricerca, Anna Maria Bernini: la manifestazione del pensiero deve essere sempre benvenuta. Libera e non vincolata. Ma se espressa in modalità non conforme alle regole sociali, non va bene».

E da voi?
«In questa università la parola dibattito, secondo il modello americano, è fondamentale: in aula si fanno gruppi, uno su una tesi e uno su quella opposta, e si stimola il confronto. Tutti devono giovarsi del dialogo. Le università italiane insieme a quelle internazionali stanno vivendo una fase di fibrillazione. Mi auguro che si fermi questa fase agitata e si lasci spazio al dialogo. Dall’aggressione della Russia all’Ucraina alla crisi Israelo-palestinese, tutti i temi vanno approfonditi all’interno dell’università, che deve far germogliare la curiosità, la partecipazione e l’impegno tenendo fermo un clima di rispetto e di convivenza civile».

Cosa risponde a chi invoca il boicottaggio di Israele in particolare?
«Qualsiasi forma di ostracismo e di ostacolo alla formazione culturale va contrastato, qualsiasi scambio difeso. I periodi di crisi nella storia sono ciclici e frequenti, ciascuna crisi deve essere utilizzata per avvicinare le distanze, per trovare la sintesi. E l’università ha proprio la funzione di riavvicinamento».

La Conferenza dei rettori delle università italiane cosa chiede?
«Un dialogo costante tra gli organi politico-amministrativi dell’università e il Ministero al fine di mantenere il sistema universitario italiano tra i migliori al mondo».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.