Rearm
Il riamo e la propaganda ideologica: tutti vogliono gli Stati Uniti d’Europa, nessuno li crea

Da anni siamo intrappolati in una propaganda ideologica che rievoca, con lugubre fedeltà, i tempi di guerra, quando il pensiero libero veniva sacrificato sull’altare dell’emergenza. Oggi, come allora, sembra quasi vietato pensare. Il sostegno al riarmo, presentato come un imperativo inevitabile, è talmente privo di logica da risultare – quello sì – disarmante. Per quale ragione dovremmo procedere alla militarizzazione senza aver prima costruito un’Europa politica? Per difenderci da un’ipotetica invasione russa? Eppure, ci viene detto che tale invasione potrebbe avvenire tra anni: giusto il tempo di completare il riarmo. Qualcuno ha forse avvisato Vladimir Putin di aspettare? È difficile credere che la Russia nutra un reale interesse strategico nell’invadere l’Europa occidentale, se non in risposta a provocazioni dirette, come eventuali azioni belliche europee in territorio russo. Prima abbiamo fatto la guerra perché gli Stati Uniti ce lo hanno chiesto, altrimenti saremmo ancora qui a discuterne. Poi, con il cambio di Presidente, Washington decide di negoziare, pur essendo stata fin dall’inizio protagonista del conflitto.
Il teatrino dei negoziati
A quel punto, comincia il teatrino di alcuni leader europei che, pur di non apparire per quello che sono – ossia vassalli degli Stati Uniti – chiedono di partecipare ai negoziati, assumendo posizioni contraddittorie rispetto alla linea del dialogo. Sono gli stessi che, con disinvoltura, sostenevano che la Russia fosse allo stremo, per poi proclamare che Mosca avrebbe conquistato l’intera Europa. Naturalmente, sono anche gli stessi che tacciono sui territori occupati da Israele e sul massacro del popolo palestinese. Le guerre, si sa, non si combattono per nobili ideali, ma per concreti interessi geopolitici. A posteriori, si tenta di nobilitarle richiamandosi ai “valori” ma, se bastasse l’invocazione dei valori, vivremmo in guerra permanente, dato il numero di conflitti oggi in corso. L’Ucraina non è mai stata parte della NATO, e proprio l’ipotesi di una sua futura inclusione ha contribuito ad alimentare la crisi attuale.
Le logiche geopolitiche
Chi conosce, anche solo superficialmente, le logiche geopolitiche sa quanto il controllo degli spazi di confine sia cruciale per le superpotenze: basti pensare alla crisi di Cuba nel 1962. Il nostro vero interesse, come europei, dovrebbe essere oggi quello di favorire la cessazione del conflitto, isolare chi sabota ogni tentativo di pace, e opporsi a nuove escalation. Eppure, il clima mediatico è tale che criticare l’approccio occidentale al conflitto ucraino equivale a essere tacciati di putinismo; denunciare la tragedia palestinese significa venire accusati di essere filo-Hamas. Questo schema binario soffoca ogni forma di analisi critica e riduce il dibattito pubblico a pura propaganda, sterile e paralizzante. Il riarmo ci viene venduto come la nuova tappa verso gli Stati Uniti d’Europa, esattamente come era stato promesso per l’euro e l’integrazione economica. Ma, oggi, nessuno dei grandi Stati europei ha seriamente in agenda un progetto autentico di federazione politica. Siamo i primi a desiderare un esercito europeo, una politica fiscale e una politica estera comune.
Nessun progetto in agenda
Siamo i primi a volere davvero gli Stati Uniti d’Europa. Peccato che, piccolo dettaglio, questi Stati Uniti d’Europa non esistano. E, paradossalmente, il riarmo dei singoli Stati – a partire dalla Germania – rischia di allontanare ancora di più quel sogno: ognuno, una volta riarmato, non avrà alcun interesse a condividere la propria difesa con gli altri. L’Europa avanza quando i singoli Stati non ce la fanno più da soli e sono costretti a cedere parte della propria sovranità. A parte, naturalmente, quando si tratta di delegarla – o regalarla – alla superpotenza di turno. Non possiamo continuare a inseguire le propagande, siano esse filo-russe o filo-americane, adattandosi ora alla guerra, ora alla pace, come fossero mode. È urgente ritrovare un’autonomia di giudizio, svegliarsi prima che sia troppo tardi e rimettere al centro l’interesse nazionale ed europeo, per difendere la nostra cultura, il nostro futuro.
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