In quei giorni passavo ore con Gardini in ufficio o in giardino ad ascoltare le sue idee e i suoi progetti sull’agricoltura, sull’ambiente e sull’Europa, mentre egli, instancabile, tracciava appunti e schemi su fogli e agendine, e discutevamo su come poter trasferire questa narrativa alle istituzioni europee, al mondo politico e all’opinione pubblica.

Buttammo giù praticamente insieme il primo working paper del gruppo Ferruzzi, “Una nuova agricoltura per vivere meglio”, del settembre 1986, che fu tradotto anche in inglese e francese, e fu presentato poco dopo ad un convegno a Bruxelles e ai vertici della Commissione europea. Il secondo working paper, “La soia. Una coltura alternativa per l’agricoltura italiana”, fu pubblicato nel dicembre 1986. Va ricordato che il Gruppo Ferruzzi favorì lo sviluppo della coltivazione della soia in Italia rendendo il nostro Paese primo produttore europeo di questa importante leguminosa che permette di fissare l’azoto nel terreno senza l’impiego di fertilizzanti e che quindi favorì una vera e propria rivoluzione della rotazione agraria. Anche per questo motivo l’Università di Bologna avrebbe poi conferito a Gardini la Laurea Honoris Causa in Agraria.

A quei tempi si volava in continuazione con i Falcon aziendali partendo dall’aeroporto di Forlì, diretti un po’ ovunque, a New York, Bruxelles, Amsterdam, Londra, Parigi e Reims, in quest’ultimo caso ospiti di George Garinois, leader dei bieticoltori francesi, che dopo la scalata di Béhin-Say divenne amico di Gardini e lo invitava spesso a cena nella sua fattoria dove venivano cucinati gustosi polli allo spiedo. Intorno al camino acceso, Gardini e Garinois mi coinvolgevano in interminabili discussioni fino a notte inoltrata sull’agricoltura, sull’Europa, sulle monete. Ero affascinato da questi uomini che rappresentavano ai miei occhi il tipo di capitalismo che avevo sempre giudicato migliore, quello dell’economia reale, dei grandi progetti per lo sviluppo, in contrapposizione a quello finanziario e del facile arricchimento. Talvolta rientravamo in aereo direttamente in Italia alla mattina, appena in tempo per aprire l’ufficio. Nei viaggi più brevi tra Ravenna, Venezia e Milano ci si spostava invece con il grande elicottero verde della Ferruzzi.

Gardini era un uomo affascinante ed emanava un notevole carisma. Loquace con gli amici, era di poche parole in pubblico, spesso rispondeva a monosillabi, ma aveva improvvise battute fulminanti, come mostra anche una celebre intervista televisiva rilasciata ad Enzo Biagi. Nei suoi viaggi all’estero era spesso accompagnato dalla figlia Eleonora. Ricordo che un giorno a New York, a margine di un appuntamento d’affari, anziché seguire la segretaria che ci accompagnava, irrompemmo di proposito nella enorme sala di trading di una importante società di investimento con un centinaio di operatori sbalorditi ed ammutoliti che interruppero il loro lavoro per ammirare il passaggio di Raul e di Eleonora, elegantissima in un abito azzurro.

I Ferruzzi e i Gardini erano ovviamente persone molto benestanti e al centro della cronaca ma anche semplici e aperte. Per questa ragione erano molto amati e rispettati dai ravennati. Inoltre, sapevano mettere sempre a loro agio anche giovani collaboratori come me da poco entrati a far parte del loro mondo. Ricordo che, da poco assunto, in occasione di una fiera agricola vicino a Birmingham, nel pieno della scalata a British Sugar, trascorsi quasi un intero pomeriggio con Alessandra Ferruzzi, che mi raccontò la vita di suo padre e tanti aneddoti della sua famiglia.

Oltre che con Gardini collaboravo molto anche con Sama, a cui Raul affidò le Relazioni esterne del Gruppo Ferruzzi. In quel periodo Carlo svolse un lavoro enorme per dare alla Ferruzzi una comunicazione di livello, fattore essenziale per far conoscere al mondo un gruppo fino a quel momento poco noto che però stava per entrare in Borsa, cosa che avvenne poco dopo con la holding Agricola Finanziaria. Un impegno, quello nella comunicazione, che poi valse a Sama anche la laurea ad honorem in sociologia da parte dell’Università di Urbino. Sama coordinò la prima campagna istituzionale della Ferruzzi con l’Agenzia Testa, con lo slogan “Ferruzzi Pianeta Terra”, e lavorò alla creazione del logo della Ferruzzi, con le sue tre foglioline verdi, ideato dalla Landor di San Francisco. Ricordo che in uno dei miei primi giorni di lavoro, raggiunsi direttamente in treno dal Piemonte Raul e Carlo a Torino presso l’Agenzia Testa per vedere l’evoluzione del progetto di immagine del Gruppo. C’era anche Alessandra Ferruzzi che Gardini coinvolgeva spesso nelle sue riflessioni strategiche perché riteneva molto preziosi i suoi pareri. Alessandra si era laureata con una tesi sul Chicago Board of Trade ed era molto competente sui temi dell’agricoltura e dell’agro-industria.

Sama fece anche realizzare da Fulvio Roiter uno splendido libro fotografico sulla Ferruzzi, le cui immagini sarebbero poi finite sui giornali e sulle riviste di tutto mondo a corredo delle interviste di Gardini, che andavano via via moltiplicandosi. Negli anni seguenti, assunto l’incarico di direttore delle relazioni esterne anche della Montedison, Sama ideò poi una delle campagne pubblicitarie più innovative di quell’epoca, consistente nella promozione di oggetti costruiti con le nuove plastiche biodegradabili del Gruppo, tra cui macchine fotografiche ed automobiline, distribuite in migliaia di esemplari con i numeri settimanali del periodico “Topolino”. Quei giocattoli, oltre trent’anni fa, furono i precursori degli odierni sacchetti ecologici della spesa in Mater-Bi. Nel 1990, Sama ed io avremmo poi lavorato insieme alla sponsorizzazione da parte della Ferruzzi del primo concerto dei Tre Tenori, José Carreras, Plácido Domingo e Luciano Pavarotti, che si esibirono in un memorabile concerto alle Terme di Caracalla, il 7 di luglio.

La Ferruzzi nella seconda metà degli anni ’80 era intanto diventata il più importante interlocutore diretto degli agricoltori italiani e francesi, ritirando la maggior parte dei loro raccolti di soia e barbabietola da zucchero, suscitando anche qualche gelosia tra le rappresentanze datoriali e sindacali italiane del settore. Memorabili furono le giornate della soia che la Ferruzzi organizzava presso la Torvis, una delle principali aziende agricole del Gruppo, oltre 4 mila ettari di terreni in provincia di Udine, con la partecipazione di migliaia di coltivatori e con in cielo le caratteristiche mongolfiere multicolori su cui spiccava il nuovo marchio del Gruppo. Nel corso di tali giornate venivano anche tenute importanti conferenze internazionali con la partecipazione di importanti personalità, tra cui il ministro dell’agricoltura Filippo Maria Pandolfi e il vicepresidente della Cee e commissario europeo all’agricoltura Frans Andriessen. In queste occasioni Gardini e Sama sovraintendevano personalmente tutta l’organizzazione degli eventi fino ai minimi particolari.

Quel mio dividermi tra l’Ufficio Studi e le relazioni esterne del Gruppo e tutti quei viaggi con Raul, Carlo e Alessandra Ferruzzi mi permisero di conoscere in breve tempo la immensa realtà della Ferruzzi, del suo know how, delle sue tecnologie, dei suoi siti produttivi e delle sue sedi nel mondo. In Italia Ferruzzi controllava Eridania, Italiana Olii e Risi e Carapelli; in Francia Béghin-Say, Lesieur e Ducros; in Spagna Koipe. La Ferruzzi aveva anche acquisito la divisione europea della statunitense Corn Product Corporation, che Gardini ridenominò Cerestar, così il Gruppo divenne il primo produttore europeo di amido e derivati con numerosi stabilimenti in diversi Paesi. Furono altresì comprate Central Soya negli Stati Uniti e Provimi, leader europea nei mangimi. La sede di Ferruzzi a Bruxelles divenne il più imponente ufficio di rappresentanza che un’impresa italiana avesse mai avuto nella capitale europea.

(2. Continua)