Il ricordo
Il ricordo di Jole Santelli, e di quando D’Alema andò a stringerle la mano

«Pasionaria? Più giusto definirla una guerriera. Jole guerriera lo era davvero». Giovanbattista Caligiuri, detto Gegè , ex presidente della Regione Calabria, che fu anche coordinatore regionale di Forza Italia, uno dei 27 uomini azzurri del Presidente, Berlusconi, che da Publitalia misero in rampa di lancio FI nel ‘94, ex senatore, è stordito, come sorpreso. Perché una “guerriera” così non deve morire. Tanto più a soli 51 anni. Gegè , da sempre molto vicino a Jole e al Cav, sapeva da tempo che la malattia della ex presidente della Calabria, sua successora a distanza di tempo, era molto più grave di quanto la “guerriera” desse a vedere : «I medici le dettero l’ok per la campagna elettorale e il nuovo ruolo di governatrice, perché Jole si era ripresa bene. Aveva fatto scrupolosamente tutte le cure, faceva costanti controlli. Poi, non mi chiedere cosa sia accaduto, sono sconvolto…».
Da inviata di politica parlamentare di lungo corso, prima a L’Unità, poi a Panorama del Gruppo Mondadori, con Jole io non avevo solo un rapporto professionale, ma anche di amicizia e affetto. Cementati da un sentire comune sul garantismo, il socialismo liberale, il ricordo di Bettino Craxi. Jole aveva anche una parentela con Giacomo Mancini. Caligiuri: «Jole era liberale e socialista. Ovvero uno dei simboli di quell’eredità politica che Berlusconi ha saputo raccogliere dentro Forza Italia». Jole socialista, Gegè democristiano, un esempio di quell’amalgama creato dal Cav con le forze politiche del pentapartito spazzato via dalla “ghigliottina” del ‘92. Fu Jole, avvocata preparatissima, formatasi da ragazza, dopo la laurea, nell’ importante studio romano di Cesare Previti, a farmi conoscere meglio negli ultimi anni 90 il professor Marcello Pera, liberale al cubo, maggior studioso italiano di Karl Popper. Pera non era ancora Presidente del Senato, era responsabile Giustizia di FI e Jole era la sua assistente.
Ricordo una sera a cena noi tre in un ristorante vicino a Palazzo Madama. Rivelai a loro, come liberandomi da un’ angoscia, che ero andata in forma del tutto privata, ero ancora inviata dell’Unità, a trovare Bettino Craxi a Hammamet. Che ero indignata e preoccupata per le sue condizioni. La mattina di ottobre 1999 in cui dal televideo di casa vidi la notizia che Craxi era stato portato in ospedale, prima cercai Jole, non la trovai, poi chiamai direttamente il senatore Pera: «Ho visto il presidente Craxi solo un mese fa… Senatore la prego, dica, faccia qualcosa perché sia salvato». Poco dopo l’agenzia Ansa batté la dichiarazione di Pera. Quando Jole nel 2001 entrò in parlamento, candidata alla Camera dallo stesso Caligiuri, nel collegio di “Paola 2”, e divenne Sottosegretaria alla Giustizia del secondo governo Berlusconi ne fui felice. Era preparatissima, se lo meritava davvero. Giovane e bella, quanti veleni sul suo conto. Ma lei ci rideva.
Era rimasta la ragazza di quella sera a cena con il senatore Pera e me. Con me si è sempre comportata, anche quando ebbe un altro ruolo da sottosegretaria nel governo di larghe intese di Enrico Letta, come la Jole di sempre. «Ciao, Paoletta» e sempre trovava un attimo per sedersi e parlare sui divanetti di Montecitorio. Mai un gossip, sempre ragionamenti in generale sulla situazione politica, sulla giustizia, il suo rovello, arguti, illuminanti per una cronista. Ricordo un giorno in cui Massimo D’Alema andò a stringerle la mano mentre lei parlava con me. Le disse: «Grazie per avermi difeso», dandole di fatto atto della sua obiettività e civiltà con gli avversari politici.
Dopo la malattia, le chiesi alla buvette: «Come va?». Lei : «È un cancro, però il mio compito è quello di stare qui, lavorare». E fece spallucce. Sorrise: «Tanto, Paole’, e chi ci ammazza…». L’ultima volta al telefono: «Ciao presidente Jole o preferisci governatore?». Lei : «Jole e basta». Jole che si scontrò con il governo Conte per esser stata tra i primi a far rimettere tavoli all’aperto nei bar della sua Calabria molto meno colpita dal Covid che altrove. Un direttore di giornale, molto zelante, le dette in tv dell’irresponsabile, senza mai chiamarla presidente, come invece avrebbe fatto con un uomo governatore. Ma la guerriera non si scompose.
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