Il Riformista è sotto attacco. Non si tratta di gridare al complotto né tantomeno di lanciare un allarme ingiustificato: il direttore Piero Sansonetti ha ricevuto due querele, una dal procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, l’altra da un ex magistrato celebre come Guido Lo Forte. Il numero delle querele arriva così a 20. Eppure «la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure», recita l’articolo 21 della Costituzione. E forse proprio di questo articolo si è dimenticato l’Ordine dei giornalisti del Lazio che ha fatto pervenire a Sansonetti un provvedimento di censura. Come se non bastasse, a rincarare la dose è stato il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Verna, che giudicato la questione sollevata dal direttore del Riformista come «un ragionamento di complottismo che sfida il ridicolo».

«Chi ha sbagliato deve pagare – ha aggiunto Verna – Io posso intervenire solo in un caso clamoroso, ma non per ogni querela normale dove uno si ritiene diffamato. Resto basito dal pezzo di Sansonetti». Basiti, però, sono rimasti anche alcuni colleghi giornalisti che, seppur con idee diverse da quelle del direttore di questo giornale, restano convinti della necessità di tutelare la libertà di stampa. Mario Giordano si è schierato apertamente: «Credo che quella delle querele intimidatorie sia una questione serissima in questo momento. Piero Sansonetti ha ragione, ormai è diffuso l’uso della querela a scopo intimidatorio, solidarietà totale a lui perché il suo è un giornale che ha delle idee, fa delle domande, solleva delle questioni importanti che aiutano tutti. Anche quelli che non la pensano come lui, come me, che non sono quasi mai d’accordo con lui».

Anche Nicola Porro, ha sottolineato la gravità del querelare giornalisti come se fosse normale: «Lo strumento delle querele è mostruoso perché anche se si ha la certezza di perdere la causa, si utilizzano a scopo intimidatorio. Se poi – sottolinea – uno dei presunti offesi è un magistrato o una persona molto importante il rischio di dover pagare è maggiore. E questo è un grandissimo freno ai nostri tasti». Infine, anche Sigfrido Ranucci ha voluto sottolineare la condizione del giornalismo italiano di oggi: «Finché c’è un sistema che consente di non pagare nulla a chi fa esposti o denunce ai giornalisti, io credo che la democrazia avrà un bavaglio per sempre. Si è cominciato da un po’ di tempo a colpire quei giornali non omologati, le voci che non sono nel coro». Perché si sa, una voce fuori dal coro infastidisce chi vorrebbe cantare indisturbato, distruggendo allegramente la democrazia e la libertà di stampa.

Lina Lucci (Ex segretario generale della Cisl Campania) – «Una richiesta al direttore: renda pubbliche nel dettaglio le imputazioni che gli vengono mosse per togliere l’alibi a chiunque di svilire quello che sta avvenendo. Serve chiarezza sull’operato della magistratura: un ruolo così determinante, in grado di modificare la vita di una persona, non può essere esercitato se non con la massima trasparenza. Vale Soprattutto se in discussione c’è la libertà di stampa. Per quel che attiene alla censura dell’Ordine, è grave se riferita al fatto che un giornalista debba giudicare anziché riportare i fatti fedelmente per quelli che sono. La libertà di stampa è parte integrante del processo democratico»

Raffaele Marino (Sostituto procuratore generale di Napoli) – «Dovrei conoscere il merito dei fatti con più precisione ma venti querele sono tante. Questa situazione mi ricorda quella di Tangentopoli quando i giornalisti che scrivevano del caso furono subissati di denunce e i magistrati che si occupavano di quei processi sottoposti a procedimenti disciplinari. È la vecchia storia del potere che si difende: tanto più il potere è autoreferenziale, tanto più forte sarà la reazione. L’indipendenza della magistratura, come concepita dal legislatore costituente, era un fiore all’occhiello dell’Italia ma scambiare l’indipendenza con un privilegio a tutela del proprio potere è veramente triste e pericoloso»

Antonio Tafuri (Presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli) – «Mi sembra grave che si sia censurata la voce di un direttore di giornale che si schiera con coraggio in favore del rispetto delle regole. Perché veramente Sansonetti rappresenta anche questo per noi avvocati, è una voce fuori dal coro e in quanto tale va tutelato e non censurato. È grave il tentativo di intimidazione dei magistrati che dietro le loro guarentigie censurano con le querele un giornalista, forse sarebbe stato il caso da parte dell’Ordine dei giornalisti di avere un po’ più di attenzione per il loro iscritto. I pm stanno mettendo in atto comportamenti prevaricatori nei confronti di avvocati e giornalisti. Sono due cose altrettanto gravi»

Paolo Macry (Storico, professore emerito Università Federico II) – «È una rete che strangola la politica, minaccia l’incolumità degli individui. E uccide la morale pubblica, lo stesso senso comune. Un giorno toccherà agli storici ricostruire i danni che la magistratura ha fatto a questo Paese. Perché la vicenda è lunga ormai di decenni. La persecuzione del Riformista costituisce soltanto l’ultimo tassello di una ghigliottina che ha tagliato a fette la fisiologia dello Stato di diritto e della lotta politica. Un caso unico, nell’Europa occidentale. Bisogna andare dalle parti di Visegrad o nella Turchia di Erdogan o nella democrazia fasulla di Putin per trovare un simile spregio delle garanzie»

Federica Brancaccio (Presidente dell’Acen – Associazione costruttori Napoli) – «Ho letto con il consueto interesse con cui, ogni mattina, leggo i quotidiani e, tra questi, anche Il Riformista diretto da Piero Sansonetti. Non avendo potuto consultare i documenti e i dossier a cui fa riferimento nell’editoriale il direttore, nutrendo stima per il suo operato professionale e riponendo – al tempo stesso – fiducia nell’operato dei magistrati e nell’oculatezza delle scelte dell’Ordine e del Sindacato dei giornalisti, non dubito nel buon esito dei giudizi in corso. In questo senso, mi torna alla mente una frase del compianto Aldo Moro: “Quando si dice la verità non bisogna dolersi. La verità è sempre illuminante”»

Fausto Bertinotti (Ex presidente della Camera) – «In una condizione ordinaria, sarebbe banale dover affermare la libertà di stampa, oggi dobbiamo gridarla perché minacciata, e questo vuol dire che è minacciata la democrazia. È curioso che vengano esaltati i meriti dei giornalisti che denunciano, ma quando poi toccano un potere, si pretende di zittirli. In questo caso c’è un ulteriore pericolo, perché chi interviene interdicendo l’esercizio libero della critica è la magistratura: istituzione che non ha contro poteri manifesti. E in quanto potere “eccezionale”, la magistratura dovrebbe almeno accettare la critica. Grave è anche la presa di posizione dell’Ordine dei giornalisti che avrebbe dovuto essere solidale con il collega»

Rita Bernardini (Già deputata dei Radicali – presidente Nessuno Tocchi Caino) – «A Piero Sansonetti e al suo giornale gliela vogliono far pagare perché l’involuzione del sistema informativo italiano è giunto a livelli ormai inauditi. Il Riformista paga perché non si piega ai desiderata di alcuni potenti pm che non ammettono né la critica né la cronaca. Che questo accada nell’anno del loro massimo sputtanamento (caso Palamara), lascia increduli. Non stupisce invece la pavidità dell’ordine dei giornalisti che continua a fare il mestierante di sempre, a danno del diritto all’informazione. Da parte mia massima solidarietà a Sansonetti e agli immondi tentativi di mettere il bavaglio a lui e al giornale che dirige»

Alessandro Barbano (Giornalista, scrittore, docente vicedirettore Corriere dello Sport) – «Auguro al direttore Sansonetti di continuare a essere paladino della libertà e della dialettica democratica con il suo bellissimo Riformista, di cui c’è tanto bisogno nella notte buia di questo Paese. La mancata difesa dell’Ordine dei giornalisti racconta lo smarrimento cosmico di questa professione, che è causa di regressione della nostra democrazia. Purtroppo la difesa dello stato di diritto e delle garanzie processuali, che il miglior giornalismo incarna, è una sfida impari in una stagione in cui il giustizialismo si è impossessato delle menti e attraversa la magistratura, la politica e la comunicazione come un veleno pericolosissimo»

Enza Bruno Bossio (Deputata del Pd – Direzione nazionale) – «L’editoriale a firma di Piero Sansonetti pone questioni assai rilevanti per lo svolgimento della vita democratica. Di fronte a fatti o sospetti inediti, uno Stato che si rispetti non si attarda in processi per ipotesi diffamatorie a carico dell’autore di tali denunce ma si pone il problema di come fare piena luce su quelle ombre inquietanti e accertare la verità dei fatti per come accaduti. Stupisce la censura dell’Ordine dei giornalisti. Certamente una rara eccezione, che lascia quantomeno molti dubbi. Piena solidarietà, dunque, a Piero e al giornale: è un dovere da parte di chi intende battersi a sostegno della difesa dei diritti di giustizia e libertà»

Roberto Giachetti (Deputato di Italia Viva e del Partito radicale) – «Sono contrario alle querele in generale: nel caso di querele a opera di pm credo che la questione sia ancora più grave: un conto è ricevere una querela da parte di un politico o di un cittadino, un altro è quando arriva da un magistrato. In questo caso c’è “un conflitto di interesse” e, nel migliore dei casi, il pm sarà particolarmente sensibile rispetto alla categoria. Credo quindi che questa azione da parte di magistrati sia una chiara forma intimidatoria nei confronti del Riformista. Per quanto riguarda la censura dell’Ordine dei giornalisti, conferma ciò che già pensavo: serve a poco e a volte fa scelte gravi. Prima lo si abolisce e meglio è»

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.