Il ritorno dei sindacati sembra essere il marchio di questi tempi. Non un ritorno al centro della politica, ma un ritorno della politica al sindacato, un rinato protagonismo che fa delle più antiche organizzazioni “politiche” in Italia un rinnovato composto di obiettivi, ambizioni e soprattutto trampolini di lancio per aspirazioni anch’esse politiche ma di ben più ampio respiro.

Mentre il sindacato in sé è in crisi, lo dicono i numeri, il ruolo dei sindacati sembra attraversare una nuova fase nell’impegno sociale e politico. A guidare questo corso è sicuramente il più militante tra i tre grandi sindacati confederali la Cgil di Maurizio Landini che dopo aver riacceso o sperato di riaccendere la stagione delle lotte politiche e delle contestazioni, ha ripiegato sulle battaglie referendarie, approfittando dell’ennesimo cortocircuito in casa partito democratico, dove avere un’idea chiara è un miraggio, e dunque chiunque riesca ad averne una quasi automaticamente si proietta alla guida di una sinistra orfana di se stessa. E Landini dalla sua ha la UIL, ex sindacato socialista, ormai ombra dell’ex sindacato comunista, tant’è che appare più che è complicato distinguerne le posizioni, a scapito ovviamente del socio più debole, la UIL.

Il primo verdetto

In via Lucullo dovrebbero rispolverare un po’ di “autonomismo socialista” giusto per non sembrare la dépendance di Landini. La prossima sfida sarà quella dei referendum, in cui Landini ha già monopolizzato la scena, prendendosi la guida del fronte referendario e mettendo all’angolo Elly Schlein, ormai prigioniera della sua inerzia. Il momento della verità per Landini sarà domenica 8 e Lunedì 9 giugno, quando i dati sull’affluenza e sul raggiungimento del quorum daranno il primo verdetto sulla sua leadership e sulla presa che il suo di sindacato sarà riuscito ad avere. Il primo avversario di Landini sarà la possibilità che gli elettori disertino le urne. La data dei ballottaggi è la più infelice, e il governo è stato astuto in questo, ma anche la più comoda per tutti, del resto un fallimento dei referendum sarebbe una boccata d’ossigeno per la zoppicante segretaria di Elly Schlein.

L’orizzonte di Walter Rizzetto

Ma anche ad destra il sindacato ha il suo fascino, o meglio lo sta guadagnando la Cisl, che rispetto a Cgil e UIL ha scelto un atteggiamento dialogante e senza preclusioni, e l’accoglienza ricevuta da Giorgia Meloni all’assise del sindacato ne è stata la dimostrazione. A qualcuno stava per scappare una citazione sinistra del tipo “abbiamo un sindacato”, ma poi tra scongiuri e rituali arcaici la cosa è caduta sul momento. Chi sul ritorno del sindacato non ha dubbi è il Presidente della Commissione Lavoro a Montecitorio, il meloniana Walter Rizzetto, che al Riformista si è detto convinto che “qualche sindacato la butta molto in politica”, e che “non essendo d’accordo con la linea di governo, legittimo da parte loro, dopodiché se il sindacato torna protagonista io ne sono ben felice, un protagonismo che si è perso negli ultimi tempi”, sottolinea Rizzetto.

“Inviterei prosegue sempre il deputato di Fratelli d’Italia, alcuni sindacati a procedere con i rinnovi di contratto che sono scaduti da molto tempo e che necessitano di un rinnovo importante”. Sulla Cisl, che per Rizzetto “non è divenuta un sindacato di parte politica”, ma ha solo dimostrato disponibilità al dialogo, “si tratta – aggiunge il Presidente della Commissione lavoro – di un sindacato che offre alla politica della buone idee, e penso che questo debba fare un sindacato, sollecitare e proporre delle buone idee”, cosa del resto che potrebbero o dovrebbero fare tutti i sindacati. Dipende anche soprattutto dagli orizzonti cui aspirano i loro segretari.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.