Gli sgorga proprio naturale. Lo disse (o dicette?) al tempo dell’incarico di governo: «Aggiungerò tanta passione, che mi sgorga naturale nel servire il paese che amo». E ieri, mentre snocciolava i criteri di indirizzo del “neo movimento” affidatogli dai lombi del vaffanculo, gli è sgorgato naturale che la democrazia rappresentativa è sì in grossa crisi, ma «non appare eliminabile». Mancava un “purtroppo” ed era perfetto. Né la precisazione successiva fatta da Giuseppe Conte, vale a dire che la democrazia rappresentativa «va anzi rafforzata», revoca il senso profondo di quel conato.

Siccome non “appare” eliminabile, teniamocela, e per rafforzarla vien buona la pratica esecutiva di cui l’avvocato del popolo, col movimento che l’ha issato al potere, ha dato eccellente prova durante il doppio governo del cambiamento che ha mirabilmente presieduto: la democrazia della conferenza stampa con il parlamento in lockdown, un posto come un altro vicino a “Chigi”, con il capo della junta che si rende “disponibile” a visitarlo un paio di volte al mese: non una barzelletta, ma roba scritta negli atti di questa funestata Repubblica.

È questa qui l’alternativa al temuto insorgere delle destre? Forse varrebbe la pena di considerare che il fortissimo punto di riferimento di tutti i progressisti, ora acquisito in prospettiva di affascinante avventura neo comunitaria, ritiene che la democrazia rappresentativa sia meritevole di manutenzione perché, mannaggia, “non appare” eliminabile. E che a rafforzarla cada in taglio il modello italiano secondo il protocollo grillino, quello che al primo punto prevedeva la turba che accerchiava Montecitorio gridando ai parlamentari di uscire con le mani alzate.