La campionessa di pluralismo Lilli Gruber, già europarlamentare per l’Ulivo dal 2004 al 2008, ama tipicamente sfoderare nelle sue trasmissioni il modulo “quattro contro uno”, oppure –quando vuole essere particolarmente equanime- il “tre contro uno”: così ha fatto giovedì sera a “Otto e Mezzo” schierando se stessa insieme con l’editorialista Massimo Giannini di Repubblica e la giornalista Daniela Preziosi di ‘Domani‘ contro Matteo Renzi, senatore di Italia Viva e fino al primo marzo direttore di questa testata.

Pur tenendo presente qualche lodevole eccezione, come ad esempio Franco Bernabè, di solito l’eroico “uno” trova faticoso gestire una trasmissione dove la conduttrice stessa giostra i tempi e gli interventi in modo tale da far passare nella peggiore luce possibile il suo nemico politico (sia esso Giorgia Meloni, o Silvio Berlusconi o la “destra-destra” o lo stesso Renzi). In questa opra propagandistica Lilli Gruber si fa sovente spalleggiare –come Tommaso Anastasia e il sottoscritto abbiamo mostrato in un’analisi quantitativa degli ospiti presenti- da giornalisti deIl Fatto Quotidiano, cioè Marco Travaglio, Andrea Scanzi e Antonio Padellaro. Giovedì sera –per un’insondabile configurazione delle stelle (5)- gli indomiti moschettieri de Il Fatto avevano contemporaneamente judo o bricolage e dunque hanno lasciato spazio a Giannini e Preziosi. Tanto per riassumere la faccenda di giovedì sera in una frase: per una volta l’uno ha in termini dialettici “messo sulla difensiva” (l’esperto di industria musicale e cementifera Scanzi direbbe: “asfaltato”) i tre schierati contro di lui, obiettando alle singole critiche e non raramente passando al contrattacco.

Mettere chiunque all’angolo

Il contrattacco è stato innanzi tutto metodologico, in quanto Renzi ha rinfacciato a Gruber la tecnicuccia un po’ meschina di accusarlo su faccende relative alla sua posizione politica o ai suoi redditi personali senza lasciargli sostanzialmente il tempo per rispondere, o perlomeno cercando di limitarlo attraverso interruzioni da lei stessa fatte, oppure graziosamente delegate a Giannini o Preziosi. Gruber è sembrata meno lucida del solito, pur garrulamente menzionando tutti gli argomenti usati contro Renzi in contumacia nelle k trasmissioni precedenti: ad esempio, è apparsa in buffa difficoltà quando ha sostenuto che Renzi fosse direttore di un giornale di proprietà dalla famiglia Angelucci, lasciando a Renzi stesso la facile correzione dello strafalcione (Alfredo Romeo, non gli Angelucci): forse Gruber non è abituata all’uno che le risponde a tono senza particolari timori reverenziali, e per l’appunto evidenziando i trucchetti televisivi e dialettici che consistono nell’orientare in maniera propagandistica l’intera trasmissione.

Un altro buffo momento claudicante della già europarlamentare dell’Ulivo si è appalesato quando –sul tema dell’ impossibilità di fare consulenze qualora fosse eletto euro parla mentare Renzi le ha ricordato che è lecito per gli europarlamentari stessi partecipare a conferenze, come lei stessa dovrebbe all’incirca sapere. Dal punto di vista ideologico, è di tutta evidenza come la costruzione politica di Otto e Mezzo si basi sull’idea di dipingere come intollerabile alleato dell’orribile “destra destra” chiunque possa essere favorevole a progetti legislativi provenienti da quell’esecranda parte politica, come il cosiddetto premierato, o le norme garantistiche in ambito processuale. Dunque quello era l’angolo in cui mettere Renzi, a patto di non invitarlo in trasmissione, o farlo stare più zitto di quanto sia stato.

L’arma di Lilli

Ovviamente, i nostalgici del governo Conte 2, e in particolare di un’alleanza di ferro tra Partito Democratico e MoVimento Cinque Stelle, potrebbero bizzarramente avere visto un film diverso, cioè una brillante operazione di giornalismo obiettivo da parte di Lilli Gruber, Giannini e Preziosi. Peccato che questa veemenza da Premio Pulitzer de noantri sia rarissima merce a Otto e Mezzo qualora si tratti di dire qualcosa su Giuseppe Conte, Elly Schlein e Roberto Speranza. Intendiamoci: Gruber è professionista seria e qualche domanda puntuta l’ha fatta anche a loro (soprattutto alla Schlein, a onor del vero), ma rispetto al trattamento riservato a Renzi, acerrimo nemico suo e della balda Ditta dalemiana, le domande rivolte ai propri beniamini politici fanno piuttosto venire in mente la strepitosa arma usata dai protagonisti del film Bad Taste per difendersi da uno stuolo di zombie famelici: delle efficacissime pigne.