Una cesura radicale
Trump e quel profondo solco tra sé e i valori liberali e democratici: ha cavalcato le paure degli elettori e ha vinto
Un mutamento di paradigma che impone al campo democratico – non solo americano – una analisi approfondita e sincera sulle paure che hanno spinto così tanti elettori ed elettrici a votare a destra
Come le elezioni in Olanda, Italia, Francia, Austria, Germania, anche il voto americano è figlio dei sentimenti di paura che corrono sotto la pelle delle società occidentali. Alle spalle un lungo tunnel di criticità: la crisi economica 2008/2014, gli anni del Covid e infine le guerre. E poi le paure provocate dall’aumento delle disuguaglianze sociali, da un’inflazione che ha intaccato i redditi, da una competizione globale senza regole, da un’immigrazione vissuta come assedio, dai disastri provocati dal cambiamento climatico, dal venir meno o indebolirsi delle certezze su cui ciascuno ha costruito la vita propria e dei figli. E su tutto un senso di perdita del primato che a lungo l’Occidente – e più di tutti l’America – ha esercitato sul mondo.
Come si sa, le paure suscitano immediati istinti difensivi di arroccamento e pulsioni di rancore, di odio, di violenza che avvelenano la convivenza e le relazioni individuali e collettive. E chi ha paura non esita a riconoscersi in chi ha proposte che appaiono più rassicuranti e protettive. Trump ha raccolto consenso cavalcando tutto ciò con proposte di rottura che soddisfano quella domanda: dazi e protezionismo economico, blindatura dei confini, deportazione dei migranti irregolari, riduzione della spesa sociale a vantaggio di riduzioni fiscali, negazione dei cambiamenti climatici, irrisione dei vaccini, inibizione dei diritti riproduttivi delle donne, disprezzo per le minoranze, ostilità all’Europa (“tanto carini gli Europei, ma ci rubano un sacco di soldi”), contestazione del multilateralismo. E, assecondando uno spirito isolazionista storicamente radicato in America, promettendo di mettere fine alle guerre in Ucraina e Medio Oriente, anche a scapito del rispetto della giustizia e del diritto internazionale.
Insomma un mix di protezionismo, sovranismo, conservatorismo e deregulation con cui ha conquistato i consensi sia di chi si sente escluso (il forgotten men), sia di settori di ceto medio impoveriti e sia di un establishment – come Elon Musk – allergico a regole e principi. E impastando così un “blocco sociale” che ha conquistato anche il voto di una parte di quegli elettorati (neri, latinos, donne, aree suburbane e periferiche) che in astratto venivano accreditati come più favorevoli alla Harris. C’è tutto questo dietro un successo che segna una cesura radicale con i valori liberali su cui sono cresciute le democrazie. Un mutamento di paradigma che impone al campo democratico – non solo americano – una analisi approfondita e sincera sulle paure che hanno spinto così tanti elettori ed elettrici a votare a destra, e soprattutto cosa abbia spinto a votare Trump chi negli anni scorsi aveva votato per Clinton, Obama, Biden. Un’analisi a cui non possono sottrarsi i progressisti europei anch’essi colpiti da un’emorragia elettorale verso la destra.
La denuncia dei pericoli eversivi di Trump e della destra è doverosa, ma sarebbe una illusione pensare che così si riconquistino i consensi perduti. Occorre un progetto che tenga insieme i valori della democrazia e dello stato di diritto con risposte concrete di giustizia redistribuiva, uguaglianza e sicurezza. Facendo i conti con la crisi della democrazia rappresentativa, liberandosi da astratte continuità e avendo il coraggio di innovare con radicalità proposte, linguaggi e forme di relazione con gli elettori. Operazione non semplice, né di breve periodo. Ma ineludibile e indispensabile, in primo luogo per l’Europa che avrà di fronte un’America sfidante e ostile su molti fronti, dalla competizione economica alle politiche di difesa e sicurezza.
Un’Europa che eviterà di soccombere soltanto se sarà capace di reagire con un più alto livello di integrazione e coesione in tutti i campi. Con il suo Rapporto, Draghi ha indicato la strada. Saranno le classi dirigenti europee capaci di intraprenderla? L’affermazione in molti paesi europei di forze nazionalistiche e antieuropee suscita molti dubbi.
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