Inutile l'allarme dato da un amico
Il suicidio di Adelina, le ultime parole nel video: “Non mi hanno aiutata, mi troveranno nella tomba”
L’ultimo addio nella diretta Facebook prima che Adelina Sejdini, 47 anni, si gettasse da Ponte Garibaldi sabato sera: “Non mi hanno aiutata. Questa notte mi troveranno dentro una tomba”. Il 28 ottobre scorso in un altro gesto estremo di protesta si era presentata al Viminale e si era data fuoco. Ricoverata in ospedale, era stata dimessa, poi il 5 novembre era tornata nuovamente davanti al ministero dell’Interno sempre in protesta.
In una diretta Facebook aveva raccontato che era stata bloccata da alcuni agenti di polizia, e che per lei era stato emesso un foglio di via da Roma per un anno. Disperata, sotto il diluvio che sabato si è abbattuto su Roma, si è spenta anche l’ultima speranza. Adelina è arrivata a Ponte Garibaldi e si è gettata di sotto. Inutile l’allarme dato da un amico che aveva chiamato dall’Abruzzo il 113 per segnalare che la donna in un filmato annunciava che si sarebbe uccisa.
Un suicidio dettato dalla depressione, scrivono gli inquirenti, che potrebbero comunque decidere di aprire un fascicolo per approfondire le circostanze della morte. Gli amici intanto hanno scritto al presidente Mattarella per chiedere che ad Adelina venga riconosciuta la cittadinanza italiana per cui aveva tanto combattuto.
Adelina si è portata con sé tutte le speranze e il coraggio con cui aveva sconfitto chi le “tagliò una gamba con le forbici e le cosparse le ferite di sale per fare più male”, chi la considerava neppure una schiava, ma una cosa da gestire per ricavo e per diletto.
Lo stesso coraggio con cui aveva iniziato la battaglia contro il cancro al seno, gli infiniti cicli di chemioterapia e gli interventi chirurgici, con cui cercava senza sosta di vedersi riconosciuta quella cittadinanza che le avrebbe consentito di iniziare per davvero una vita in Italia, quel Paese che dal suo arrivo aveva aiutato e supportato nella lotta alla mafia albanese e alla violenza contro le donne.
L’ultimo colpo è arrivato quando, rinnovando il permesso di soggiorno a Pavia, si era vista offrire la cittadinanza albanese. Un Paese dove mai sarebbe mai tornata, soprattutto dopo essersi messa in pericolo consentendo l’arresto di 40 persone e la denuncia di altre 80.
Ad aiutarla i carabinieri, che lei chiamava “i suoi angeli custodi”, che mai l’avevano abbandonata e che la chiamavano affettuosamente “Adelina 112”. Il suo contributo le aveva fruttato un prolungamento del permesso di soggiorno per motivi straordinari, ma la cittadinanza italiana non è mai arrivata. Rifiutata quella albanese, le era stato tolto anche lo status di apolide, con il rischio di dover rinunciare alle (poche) agevolazioni statali che aveva ottenuto e alla possibilità di fare domanda per una casa popolare.
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