Solo un’opposizione ottusa non ammette che sarebbe stato meglio stralciare dal Pnrr alcuni progetti precedentemente inseriti sbadatamente se non colpevolmente senza considerare congruità, tempi e razionalità rispetto ai criteri chiesti dalla commissione europea: dallo stadio di Firenze, ai campi di padel, al Dri per Ilva, alle ciclabili inutili. Ma tutto si poteva ipotizzare, tranne che il governo togliesse 4 miliardi dai progetti già candidati, per spostarli sul superbonus edilizio. Incentivo che anche Fratelli d’Italia aveva fortemente contrastato, e che il governo Meloni aveva promesso di abolire.

Il Superbonus è costato a ogni singolo italiano circa 2mila euro, anche a un neonato o a chi una casa non ce l’ha. Non era gratuito, il debitore è il contribuente italiano” aveva dato a inizio febbraio il presidente Meloni. Una misura che in totale ai contribuenti italiani è costata 120 miliardi, 45 in più di quanto previsto. Di cui circa 9 miliardi di euro di truffe. “Il superbonus continua a generare 3 miliardi di crediti al mese: se lo lasciassimo fino a fine anno, non avremmo i soldi per fare la finanziaria” aveva detto Giorgia Meloni. E quindi ora che fa? Lo toglie dal bilancio dello Stato, e lo mette su quello del Pnrr. Dove già c’era. E infatti Fitto proprio nella rendicontazione della terza rata si era trovato nella difficoltà di dover tagliare almeno 15 miliardi che dal Pnrr erano finiti in superbonus e sismabonus con disappunto della commissione europea “per evitare problemi di natura rendicontativa e di ammissibilità della spesa”, poiché non conformi al principio ecologico di “Do not significant harm” richiesto da Bruxelles.

Eppure più della metà delle risorse spese da quando il Pnrr è nato fino a fine febbraio, fanno riferimento a superbonus e sismabonus. In tutto 14,1 miliardi su 25,7. E continuano a crescere: secondo i dati Enea a maggio l’aumento è stato di 2,4 miliardi rispetto ad aprile, ad aprile di 1,9 miliardi rispetto a marzo e a marzo di 4,2 miliardi rispetto a febbraio. A fine giugno, i lavori di efficientamento energetico hanno riguardato più di 67mila condomìni, per un totale di investimenti ammessi a detrazione pari a 42 miliardi di euro. 235mila edifici unifamiliari, per un totale di investimenti ammessi a detrazione pari a circa 27 miliardi di euro, e quasi 115mila unità immobiliari funzionalmente indipendenti, per un totale di investimenti ammessi a detrazione pari a 11 miliardi di euro. Ma anche 6 castelli per 840 milioni di euro.

Una patrimoniale all’incontrario: si dà di più a chi ha di più. Tutto gratuitamente. Anche l’Fmi ha evidenziato che il superbonus “ha contribuito a un deficit elevato ed è inefficiente perché sussidia alcuni investimenti che ci sarebbero stati comunque, ed è regressivo perché richiede la proprietà di un immobile e l’accesso non è condizionato alla prova dei mezzi e ha determinato solo un lieve calo delle emissioni”. E insomma l’obiettivo per cui era nato, l’efficientamento energetico, non è stato raggiunto. Complessivamente sono stati risparmiati meno di 200mila euro al 31 dicembre 2021, meno dello 0,5% del consumo energetico del settore.

A dirlo chiaramente è stata la Banca d’Italia: “Il Superbonus non è uno strumento economicamente efficiente per contrastare il cambiamento climatico, e i suoi benefici ambientali ripagherebbero i costi finanziari in circa 40 anni”: un costo per il risparmio energetico pari 170-210 euro per tonnellata, contro un livello attuale attorno ai 70 euro e una media storica inferiore ai 20 euro. In questi giorni colpiti dalle avversità climatiche abbiamo visto numerose immagini di appartamenti con le ristrutturazioni del Super-bonus appena effettuati, distrutti: cappotti, pannelli, e impalcature saltate per aria. La cosa incredibile è che Confindustria, Ance e persino la Cgil ne approfittano per tornare alla carica: il maltempo distrugge il superbonus? È la dimostrazione che ce ne vuole altro. Prima chiedono, e ottengono la cassa integrazione straordinaria perché il clima è come il covid, e poi il superbonus. Manca solo il lockdown climatico, ma non diamo idee

Annarita Digiorgio

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