Sono sempre stato un riformista e un garantista. La mia storia è la storia di un imprenditore che ha lavorato con due idee chiare in testa: produrre, e quindi partecipare alla crescita economica del paese e allo sforzo per renderlo più ricco; e contribuire con le proprie forze alla battaglia civile per far diventare l’Italia un paese più moderno e più giusto. Perciò da molti anni mi sono impegnato ad aiutare l’editoria. Ho sempre saputo che il carburante per una battaglia di libertà è costituito dalla stampa. Senza la stampa l’idea liberale muore. Così, cinque anni, fa ho deciso di riportare in edicola il Riformista che avevo contribuito a fondare e che aveva una storia gloriosa di impegno civile alle sue spalle, ma da molti anni aveva chiuso i battenti.

L’obiettivo era dare un impulso al riformismo e al garantismo. E cioè a due idee di società, e di sviluppo, e di convivenza, che mi sembravano quasi scomparse dal dibattito pubblico in questo secolo. Penso che l’Italia oggi non sia un paese moderno. Stretta da politiche troppo legate all’oggi e da poteri eccessivi, come quello delle procure, che producono ingiustizia, insicurezza e spesso sopraffazione. E che mettono in mora la democrazia. Lo so anche per esperienza personale.

La politica, per come la vedo io, non deve essere una cosa che guarda all’immediato. Non deve essere pura gestione. Il riformismo è esattamente il contrario della gestione: è la capacità di progettare il domani e di costruire la società del futuro. Era l’idea di De Gasperi, che fu un vero statista, e gettò le basi del miracolo italiano, ma anche l’idea di gran parte della sinistra politica che gli si opponeva. Il riformismo non vive dentro una stanza chiusa: ha bisogno di prospettiva, di spazi, di orizzonte. Anche di utopia.

Nel novecento in Italia si sono fronteggiati due grandi prospettive del riformismo. Quella moderata e quella socialdemocratica. Oggi non ne vedo più traccia. Questo giornale è nato con questa idea. Dare una spinta alla rinascita del riformismo. E ha vissuto fasi diverse.

Ringrazio Matteo Renzi, che ha diretto il giornale in quest’ultimo anno, guidandolo con sicurezza in una posizione di affiancamento al suo progetto politico di riforme e di ristrutturazione degli schieramenti politici e di divulgazione del più alto pensiero “Riformista”. E ringrazio Andrea Ruggieri, che è stato prezioso per le sue idee liberali e il suo spirito combattivo e polemico.

Ho chiamato ora Alessandro Barbano a prendere in mano le sorti del giornale e a guidarlo in questa nuova e difficilissima fase. Toccherà a lui proiettarsi nel futuro. Il Riformista dovrà essere un giornale di informazione e di dibattito, costruito su un progetto giornalistico e non partitico, capace di affiancarsi e di dialogare con gli altri grandi giornali, e di influenzare il mondo dell’informazione. Lontano dai partiti e dai loro interessi. Ancorato alle idee di riforma, di liberalizzazione, di garantismo. La lotta in questo paese non è tra lo schieramento governativo e quello dell’opposizione. È tra chi vuole riformare, spingere in avanti, e chi vuole invece frenare il cambiamento, vuole adattare il potere e la politica allo stato di cose di oggi. La lotta è tra innovatori e burocrati. Bisogna impedire che prevalgano i burocrati.

A Barbano chiedo di riuscire ogni giorno a pensare al domani. A mettere la politica di fronte alle proprie responsabilità e ad incitarla a non acquattarsi mai dietro i nascondigli che le vengono offerti dal disimpegno e dalla pura ricerca del potere. Gli chiedo di portare nel giornale il piglio con il quale in questi anni ha combattuto un sistema-giustizia che non ha più niente a che fare con la giustizia, ma assomiglia piuttosto a una costruzione feudale, con valori antichi e reazionari, con poteri incontrollati e sottomissioni, e che anziché sostenere lo sviluppo della società lo piega a idee antichissime e lontanissime dai valori di una società liberale, progressista e cristiana.

Chiedo al nuovo direttore di gettarsi in nuove battaglie. Senza mai guardare in faccia a nessuno. Senza paure, senza condizionamenti, senza zone franche. Un giornale vero, utile, è un giornale che sa combattere e che non fa calcoli. Le battaglie si possono perdere e si possono vincere. L’unica cosa che dobbiamo evitare è quella di disertarle. La battaglia culturale e politica è il nostro Dna e io credo che sia il significato vero e la missione di un giornale quotidiano.

Scriveva Alessandro Manzoni: “Il buonsenso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”. Ecco qui a cosa deve servire il Riformista. A fare uscire dal nascondiglio il buonsenso, a farlo prevalere su un senso comune, un vento populista, una ignavia di massa, che stanno trascinando a fondo il paese. Bisogna restituire all’intellettualità il posto che da troppo tempo, per paura o per stanchezza, ha perduto. Solo così si ricostruisce una classe dirigente. Chiedo a Barbano di contrapporre sempre lo Stato laico, liberale, solidale, allo “stato etico” che tante sciagure ha prodotto nel passato dell’Europa. Gli chiedo di combattere il moralismo con la cultura e la responsabilità.

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Nato a Cesa (Caserta) l’1 marzo 1953, si è laureato in Giurisprudenza nel 1977 presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II ed è iscritto all’Albo degli Avvocati di S. Maria Capua Vetere. Dopo una breve esperienza come Direttore Generale e poi come Amministratore Delegato di una Società immobiliare fonda nel 1979 la Romeo Immobiliare, nel 1985 la società finanziaria Romeo Investimenti, nel 1989 la Romeo Gestioni e nel 2001 la Romeo Alberghi e la Romeo Partecipazioni costruendo così negli anni il Gruppo Romeo il quale, interamente posseduto dalla famiglia Romeo, rappresenta oggi la prima realtà in Europa nell’offerta di servizi integrati alla proprietà immobiliare.