Giorgia Meloni è a Washington per incontrare Donald Trump con un obiettivo ambizioso: ammorbidire la linea dura americana sulla guerra commerciale con l’Europa. In un viaggio mai tanto carico di implicazioni geopolitiche e simboliche, la premier deve giocare la carta della simpatia. La telefonata di Ursula von der Leyen le ha dato più di un incoraggiamento: un mandato informale a rappresentare l’intera Unione. Con un mandato preciso: convincere Trump a sposare la linea del «zero dazi per zero dazi».

Meloni è d’altronde l’unico leader UE in sintonia ideologica con l’ex presidente americano. La presidente del consiglio è alla quarta visita trumpiana: aveva già partecipato all’inaugurazione della presidenza Trump, parlato al CPAC ed era riuscita anche a incontrare the Donald a Mar-a-Lago, in un blitz nei complicati giorni del sequestro di Cecilia Sala. La missione di oggi è perfino più complicata: deve consolidare la fiducia del tycoon sugellando il suo ruolo di ponte tra l’Europa e la Casa Bianca. Ma l’impresa è tutt’altro che semplice. L’Italia – fa notare la testata Politico – è sotto osservazione per il suo basso impegno nella spesa militare e per un surplus commerciale con gli USA che irrita Washington. Il nodo cruciale restano i dazi: Meloni chiederà zero tariffe reciproche, ma sa che dovrà scendere a compromessi. In cambio, potrebbe promettere aperture agli investimenti USA in Italia o una postura più aggressiva verso la Cina, tema centrale nella strategia commerciale americana.

Trump lo avrebbe premesso prima ancora di aprire le porte dello Studio Ovale a Meloni, secondo rumors colti dal Wall Street Journal: «L’amministrazione Trump intende utilizzare le trattative sui dazi per fare pressione sui partner commerciali statunitensi affinché limitino i loro rapporti economici con la Cina». Secondo il quotidiano – che cita fonti a conoscenza delle conversazioni – l’idea è quella di ottenere dai partner commerciali americani l’impegno di isolare l’economia cinese in cambio di una riduzione delle barriere commerciali e tariffarie imposte dalla Casa Bianca. La posta è indubbiamente «molto alta».

Facendo riferimento all’affinità politica tra la Meloni e la nuova amministrazione statunitense, il “New York Times” ha scritto che la visita della premier è «densa di opportunità per i fan» della presidente del Consiglio, mentre per altri «rappresenta un test per capire quanto sia in grado di sfruttare questa affinità per aiutare l’Italia e l’Europa». La posta in gioco, aggiunge il quotidiano statunitense, è «indubbiamente elevata», dal momento che gli Usa rappresentano il principale partner commerciale dell’Unione europea. Non è escluso un incontro con Elon Musk, in bilico su un possibile accordo con Starlink. Subito dopo, Meloni accoglierà a Roma JD Vance, il vicepresidente USA, esponente della nuova destra cristiano-nazionalista, già al centro delle polemiche per i suoi attacchi al Papa sul tema migranti.

In un contesto europeo ancora sotto shock per la mareggiata con cui Trump è esondato sui dazi, Meloni potrebbe tentare di ammansire la belva. L’acquisto di gas liquido americano e l’aumento delle spese militari sono voci prevedibilmente già scritte sull’agenda della Presidente del Consiglio. Raffaele Fitto, dalla Commissione europea, fa il tifo per il buon esito dell’incontro: «I temi di rilevanza saranno sicuramente anche di competenza europea, in un contesto di proficua e positiva collaborazione. Sui dazi c’è in atto una trattativa molto complessa, la competenza è europea ma il contributo che tutti gli Stati membri possono dare in questo senso è assolutamente rilevante, quindi sono certo che verrà un contributo positivo e propositivo in questa direzione».

Meloni ha dalla sua il sostegno di una maggioranza piena e non teme le proteste di un’opposizione mai tanto frammentata come oggi. «L’incontro tra Meloni e Trump? Io spero che i patrioti lo siano per l’Italia e per l’Europa, non patrioti che dimostrano patriottismo per altri paesi come sin qui avvenuto. Che tuteli finalmente l’interesse nazionale e l’interesse europeo», ha detto ieri il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Le polemiche da cortile, nella politica di casa nostra, sono sterili quando non rancorose. Ad uscire dalla logica degli schieramenti è Carlo Calenda. Per il leader di Azione «È un fatto positivo che la Presidente del Consiglio vada negli Stati Uniti, le polemiche a proposito di questo sono assurde. La cosa molto importante è che la Meloni non si faccia usare da Trump per spaccare il fronte europeo. Perché? Perché l’Italia è troppo piccola per avere un peso negoziale e perché la politica commerciale è esclusiva competenza dell’Unione Europea». Dal leader dei Verdi, Angelo Bonelli, un «Augurio di buon viaggio» ironicamente condito dall’esortazione a «difenderci da chi ci ha definito parassiti». Certamente per Meloni questa è la missione più difficile: deve far capire a Trump che quello dei dazi azzerati può essere un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. L’importante è che sia di vino italiano.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.