Nient’altro che propaganda
Il velo di Maya sulla potenza di Putin: droni mediocri iraniani e missili poco tecnologici di Kim, 110 euro agli sfollati di Kursk
La controffensiva ucraina solleva il velo di Maya: la forza del Cremlino è più apparente che reale. Anche la brigata Wagner avanzò indisturbata e sappiamo (più o meno) com’è andata a finire. Ma ora?
La notizia viene dal Wall Street Journal ed è considerata da tutti attendibile è verificata: Putin è costretto a ritirare truppe combattenti dall’Ucraina per riportarle in Russia e schierarle contro il corpo di spedizione ucraino che ha invaso la regione di Kursk e la tiene in pugno ormai da più di una settimana. Il presidente della Federazione russa fino a ieri ha mantenuto un profilo basso nelle sue dichiarazioni televisive, con un fondo sprezzante nei confronti degli occidentali che forniscono le armi leggere e pesanti agli ucraini, da lui aggrediti. La popolazione russa è attonita: non conosce lo svolgimento dei fatti, pensa che tutto sommato l’aggressione all’Ucraina sia stata un equo regolamento di conti dopo mai esistite persecuzioni e pulizie etniche nei confronti dei russofoni del Donbass – i quali del resto si sono ben guardati dallo scendere in strada e da applaudire le truppe di Mosca quando queste si sono presentate con le insegne dell’invasore.
La carne da cannone e gli stipendi fuori mercato
Comunque, la guerra ucraina è stata emotivamente assorbita dopo i primi mesi di shock, perché ha portato a una politica di stipendi fuori mercato pagati all’industria delle armi, che ha provocato un aumento fatuo del tenore di vita nelle grandi città come Mosca e San Pietroburgo. Questo è stato finora il patto sociale che Putin ha stretto con il popolo russo, escludendone tuttavia tutti i popoli della Federazione che non sono russi e forniscono, però, la maggior parte della carne da cannone con cui l’armata rossa ha finora colmato le sue gravi mancanze tecnologiche e di rifornimento. Ma con l’improvvisa invasione Ucraina della regione di Kursk si assiste da una settimana a uno spettacolo già visto quando il ribelle Evgenij Prigozhin, comandante della brigata mercenaria Wagner, decise di marciare su Mosca partendo da Belgorod senza incontrare alcuna resistenza militare.
Il precedente di Prigozhin e del gruppo Wagner
Vedemmo allora i cittadini russi spaventati e intimiditi che si avvicinavano man mano con fiducia e curiosità agli invasori, che indossavano uniformi di fantasia diverse da quelle dell’esercito regolare. Fu il momento dei selfie e dei festeggiamenti, fu il momento del terrore nel Cremlino quando Putin si rese conto che i ribelli marciavano incontrastati con i loro mezzi pesanti che si rifornivano a tutte le aree di servizio e sarebbero arrivati certamente fino al Cremlino senza trovare alcun contrasto. Quel che accadde allora in parte lo sappiamo e in parte non lo sapremo mai: Prigozhin dopo una trattativa segreta con Putin, si ritirò in Bielorussia, poi riapparve a Mosca per un lungo colloquio col presidente russo. Infine, si imbarcò su un aereo che esplose appena decollato.
110 euro agli sfollati
Oggi la situazione non è identica ma simile: i nuovi invasori indossano uniformi di un esercito regolare e parlano una lingua simile al russo; dunque, si parlano, e i russi apprendono una versione dei fatti di cui non erano al corrente. Le truppe regolari cecene presenti a Kursk e che avrebbero dovuto combattere contro gli invasori si sono arrese e le loro immagini sono finite su tutti i social e le televisioni del mondo: rannicchiati per terra, le mani legate e gli occhi bendati. I civili russi non hanno denunciato alcun atto di violenza, ma sono comunque disperati. Le loro case sono state distrutte o sequestrate dagli ucraini, costringendo i cittadini russi ad evacuare col consenso di Mosca che ha mandato personale della protezione civile con camion e tende per ricollocare gli sfollati – cui è stato promesso un risarcimento pari a 110 euro.
La potenza è solo propaganda
Tutto ciò ormai è di dominio pubblico e l’intera Russia si è vista umiliata e si è resa conto di non avere alcuna protezione delle organizzazioni sia militari che civili. Putin non dispone di personale militare addestrato ed armato da opporre alle brigate ucraine che usano tecniche modernissime create dagli ucraini stessi e fanno uso anche di robot combattenti sul campo di battaglia di loro esclusiva invenzione. Adesso Putin si vede costretto a distogliere dal fronte ucraino sul quale stavano avanzando truppe indispensabili per riprendersi un pezzo di Russia occupato dal nemico: questo mostra ai russi e al mondo quanto sia avventurosa e inconsistente la potenza degli uomini e degli strumenti che il Cremlino sbandiera nella propaganda.
Droni mediocri iraniani e missili poco tecnologici di Kim
L’altro punto di debolezza che emerge è quello della mancata minaccia di uso di armi atomiche come era avvenuto nel passato, quando Putin aveva sostenuto che se la Russia fosse stata attaccata sul suo territorio, lui avrebbe fatto immediato uso di armi atomiche “tattiche”, cioè più potenti di quella di Hiroshima. I cittadini russi hanno potuto rendersi conto, invece, che le armi più pesanti usate dal loro esercito sono droni mediocri fabbricati dall’Iran sul territorio russo, oppure missili poco tecnologici arrivati dalla Corea del Nord. Crescono ovviamente le voci raccolte sui social di un momento di terribile difficoltà politica per Putin e il suo cerchio, e in particolare il comando militare è sotto pressione per non aver saputo prevedere, insieme all’intelligence del Svr, le mosse ucraine.
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