L’Italia appare compressa fra due populismi diversi, ma simili nell’atteggiamento. Entrambi i populismi, quello di sinistra e quello di destra, si caratterizzano per una retorica ribellista che inevitabilmente si attenua nel momento in cui sono chiamati a governare; entrambi sono mossi da una concezione moralistica che si estrinseca ora nel giustizialismo, ora nell’intento repressivo; sono simili anche nella loro visione statalista, inevitabilmente anti-impresa.
Qualcuno pensa che il vero confronto ideale riguardi proprio queste due forme di populismo che in ultima analisi si riscontrano nei due schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Non è così, il vero confronto ideale, concettualmente, non è fra un populismo alleato con la sinistra e un populismo alleato con la destra, il vero confronto ideale è fra i due populismi da una parte e un’alternativa che fatica a emergere dall’altra.

Perché l’alternativa fatica a emergere? Perché a sinistra si è convinti che il populismo sia sostanzialmente “di destra” e si pensa quindi che l’alternativa non possa che derivare da una cultura politica socialista o riformista; a destra si pensa che il populismo sia un male necessario per battere la sinistra e le sue pulsioni woke. Così si continua a rappresentare la realtà col vetusto e polveroso schema destra/sinistra e l’alternativa al populismo, necessariamente trasversale rispetto allo schema destra/sinistra, stenta a formarsi.
Per dare vita all’alternativa, occorre dunque liberarsi dei pesanti zaini ideologici dell’una e dell’altra parte: solo così potranno confluire in un unico fronte tutti gli innovatori del nostro tempo.

Qualcuno pensa che questa operazione consista nel mettere insieme vocazioni più o meno moderate e centriste, quasi sempre riconducibili agli eredi dei mondi politici comunista e cattolico. No, non è così. Occorre partire da un foglio bianco, scevri di tutti i passati condizionamenti e, utilizzando un linguaggio nuovo, delineare una visione alternativa a quella bi-populista. Si tratta di un grande impegno ideativo: una nuova lettura della realtà e una conseguente nuova elaborazione politica. Ciò consentirebbe di rivolgersi trasversalmente a tutti gli elettori, nessuno escluso. Ma invece c’è chi continua a pensare che il bacino di potenziale consenso di una proposta alternativa al bi-populismo, sia riconducibile ai presunti delusi del PD e, per estrema concessione, ai presunti delusi di Forza Italia. Chi pensa ciò, continua a leggere la realtà con gli “occhiali destra/sinistra”. Bisogna cambiare occhiali e aprirsi a nuove energie, mettersi in ascolto di nuovi soggetti, anche informali, magari pre-politici, affluenti di un unico fiume. Di fronte alla potenza della narrazione bi-populista, serve a ben poco il tentativo di demonizzarla o irriderla, occorre mettere mano all’elaborazione di un pensiero alternativo. Esso deve fondarsi su un’interpretazione positiva dell’epoca 4.0 e su una concezione ottimistica della natura umana, ispirata a una visione profondamente umanistica, incentrata sulla fiducia nelle possibilità e capacità degli individui e sui valori della libertà e responsabilità individuale, valori sui quali incentrare un nuovo patto fondativo nazionale.

La narrazione secondo la quale nell’area del terzo polo si sarebbe sostanzialmente d’accordo su tutto e se il progetto del cosiddetto partito unico é fallito, lo si deve soltanto alle bizze dei protagonisti, è del tutto arbitraria. No, nel terzo polo non si è d’accordo su tutto per la semplice ragione che c’è nulla su cui essere o non essere d’accordo. A parte un generico anti-populismo e un richiamo del tutto retorico a tante diverse ispirazioni politiche della vecchia epoca, c’è il nulla. Gli steccati del terzo polo non vanno ampliati, vanno abbattuti. Sagacia tattica e presunta competenza non bastano più, la leadership dell’alternativa si esprime attraverso la capacità di convogliare energie nuove su un pensiero nuovo, oltre i vecchi steccati.

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Esperto di leadership e talento, ha pubblicato diversi saggi con Sperling & Kupfer, Guerini e Feltrinelli, alcuni dei quali tradotti in più lingue fra cui il coreano e il giapponese. In qualità di executive coach, ha formato centinaia di manager dei principali gruppi industriali italiani e ha lavorato al fianco di alcuni fra i più affermati allenatori di calcio e pallavolo.