Il leader del Cremlino e le pressioni interne
Il viaggio di Putin in Cina, le pressioni di Teheran e i timori della Casa Bianca: l’ipotesi nucleare non muore mai
Quel che ha in mente Vladimir Putin è chiaro ed esplicito anche se soltanto pochi credono alla corrispondenza fra le sue parole e le conseguenze. La grande questione del post-guerra fredda e del pre-guerra caldissima sta tutta nell’accettabilità dell’uso delle armi atomiche. Tutto il nuovo establishment russo, formato da ex generali del KGB e da astuti oligarchi che si sentono onnipotenti, avrebbero a quanto pare convinto Putin del fatto che l’Unione Sovietica perse la guerra fredda per aver ceduto all’ipnosi occidentale che paventava la fine del mondo nell’equilibrio del terrore. L’equilibrio consisteva nella convinzione che nessuno può vincere una guerra nucleare perché prima di morire lo sconfitto può uccidere quello che si credeva vincente. Di qui tutti i trattati che hanno limitato gli esperimenti atomici fino a proibirli, e la distruzione graduale degli arsenali atomici la nuova dottrina russa è che tutto ciò è falso e costituisce la grande truffa in forza della quale l’impero sovietico si è disfatto tremando come una foglia all’idea di Armageddon.
Da quando è cominciata la guerra in Ucraina e più ancora da quando gli Stati Uniti hanno cominciato a mandare migliaia di marines con la portaerei Dwight Eisenhower, i russi hanno assunto un atteggiamento teatralmente bellicoso agli apici delle forze armate e degli influencer su social e media, ripetendo che la Russia “deve far tremare il mondo occidentale”. E che è arrivato il tempo in cui la paura deve essere la norma per europei ed americani, cosa che si può ottenere soltanto minacciando e se necessario usando armi atomiche sul campo ucraino o riprendendo i test vietati dagli accordi da cui Putin vuole uscire.
Chi segue i suoi discorsi vede un uomo calmo e perplesso talvolta nei panni del poliziotto buono che tiene a freno i mastini della guerra atomica gli hard-liners che si fanno sempre più audaci. Una portavoce del ministero della difesa ha lanciato l’idea di fare esplodere un grosso ordigno nucleare in cielo sopra la Siberia a puro scopo dimostrativo: una tale esplosione- è stato seriamente detto – non porterebbe alcun danno ma darebbe l’idea al mondo di un paese pronto tutto e che non può considerare la sconfitta come una opzione. Putin reagisce con un’ambiguità consumata perché non dice né no né sì. In prima battuta abbozza un sorriso come se volesse ironizzare sui falchi quando la sparano veramente grossa proponendo bombardamenti in Europa e Stati Uniti, e commenta stringendosi nelle spalle: “Speriamo di non dover arrivare a quel punto: la Federazione russa non intende in alcun modo usare per prima l’arma atomica, ma certo che se il nostro paese fosse minacciato nella sua integrità ogni opzione sarebbe aperta”. La traduzione è piuttosto chiara: “Noi siamo pronti ad usare l’arma atomica se non ci permettete di vincere con le armi tradizionali”.
Quando ha fatto un discorso del genere davanti a un pubblico civile selezionato tra gli impiegati del Cremlino, una signora ha obiettato: “Ma questo significa che la guerra nucleare è possibile! Allora che cosa ne sarà di tutti noi?”.
Gli interventi del pubblico sono ovviamente preconfezionati e per Putin non è stato difficile interpretare il suo personaggio calmo ed enigmatico: “Vorrà dire che andremo tutti in paradiso”. Esce oggi in Francia un libro intitolato “Accecati” scritto dalla giornalista di “Le Monde” Sylvie Kauffmann che ha fatto una raccolta diligente, ragionata e cronologica di materiale prezioso ed eloquente. Gli “accecati” sarebbero il presidente francese Emmanuel Macron e l’ex Cancelliera tedesca Angela Merkel, i quali per anni – sostiene il libro citando episodi, incontri e videochiamate – avrebbero fatto una corte serratissima a Vladimir P.utin perché non cedesse alla tentazione di ricostruire l’impero sovietico e di capeggiare un fronte dichiaratamente occidentale in senso anche militare.
Il libro di Sylvie Kauffmann, già invecchiato dai giorni e le ore che stiamo vivendo, descrive un Putin tentato, tentennante e alla fine perdente rispetto alla pressione del circolo interno dei falchi sia militari che ideologici il cui pensiero viene represso spesso dai media: “Noi russi non dobbiamo temere né dagli americani né dagli europei, perché se si va a una guerra nucleare noi saremo forti e senza paura, e loro, codardi senza onore”
L’amministrazione Biden conosce benissimo l’antropologia e il circolo dei confidenti di Vladimir Putin ma nelle ultime ore alla Casa Bianca si sente il timore e il rischio che il governo di Teheran finisca con l’esercitare un’enorme pressione anche psicologica sul presidente russo Putin, debitore dei droni e dei razzi iraniani usati massicciamente in Ucraina. Il risultato è esplosivo: Hamas minaccia Israele di far intervenire direttamente le forze armate iraniane nel caso che Israele invada Gaza. Putin dal 7 ottobre giorno dell’offensiva stragista di Hamas ha aspettato fino a lunedì 16 per alzare il telefono ed esprimere formalmente ad Israele le condoglianze della Federazione russa, senza irritare troppo gli ayatollah.
In una delle dichiarazioni degli alti ufficiali che formano il primo cerchio degli uomini di Putin riportate da “Foreign Affairs” si auspica il lancio di missili a testata multipla nucleare “così da mettere a tacere per sempre” gli occidentali più odiati. Ora Putin dice di essere tentato di uscire dal trattato che vieta test nucleari, per procedere subito a far esplodere qualche testata su suolo russo ma a scopo dimostrativo. Questa situazione è stata portata al punto critico di una possibile guerra mondiale attraverso la diabolica razzia e strage degli innocenti del sette ottobre. Intanto, Vladimir Putin tiene a bada i suoi falchi: “Bomba o non bomba? Vi faremo sapere”.
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