La procuratrice e il pomposo e del tutto inutile comunicato stampa
Il video della strage del Mottarone e la lezioncina della pm contro gli avvocati
La dott.ssa Olimpia Bossi, loquace Procuratrice della Repubblica di Verbania, vede -come milioni di altre persone- che il drammatico video degli ultimi attimi di vita dei passeggeri della funivia del Mottarone è improvvisamente diffuso sui social. La cosa scatena reazioni forti, in assoluta prevalenza di sdegnata condanna per questa forma di autentica pornografia di una sciagura. C’è anche chi la pensa diversamente, sul presupposto che la conoscenza di un fatto realmente accaduto è almeno neutra, se non addirittura meritevole di apprezzamento. Sono opinioni tutte lecite, ognuno la pensi come meglio crede.
Ma tutto è lecito attendersi, fuor che l’incredibile comunicato stampa della Procuratrice capo di Verbania, con il quale in buona sostanza sembrerebbe si sia voluto dire questo: condivido lo sdegno, quel video è sì agli atti della indagine ma sia chiaro che il mio Ufficio non ha nulla a che fare con la sua diffusione, che fermamente condanno. Piuttosto, sappiate che quel video abbiamo dovuto depositarlo e metterlo a disposizione dei difensori degli indagati, che infatti ne hanno chiesto e ricevuto copia. E qui, a seguire, la dott.ssa Bossi parte con una intemerata non richiesta e non dovuta, sul fatto che i diritti di difesa non esistono perché se ne possa abusare. Il diritto ad estrarre copia di un atto serve per conoscerlo e studiarlo, non per diffonderlo sui social. È una mia sintesi, ma credo sia perfettamente fedele al significato testuale e sostanziale del comunicato, d’altronde ampiamente diffuso.
Noi avvocati riceviamo spesso queste non richieste lezioncine su cosa sia il diritto di difesa ben esercitato, e quale quello male esercitato, e di come il difensore, per sua naturale ed un po’ perversa indole, tenderebbe ad abusarne appena possibile, sicché questa ennesima, peraltro piuttosto dozzinale, potremmo farcela scivolare addosso senza particolare interesse. Ma qui il tema è un altro: che c’azzecca -avrebbe detto il famoso ex collega della dott.ssa Bossi– questo bignamino sul diritto di difesa, in quel contesto? E prima ancora: come diavolo è saltato in mente alla Procuratrice di fare questo pomposo e del tutto inutile comunicato stampa? L’unica risposta sensata, davvero l’unica, è che quel magistrato abbia voluto dire urbi et orbi, in una forma tanto implicita quanto inequivocabile, che sono stati i difensori degli imputati a diffondere quel video, così dandoli in pasto allo sdegno social-popolare. I tre Colleghi, non a caso, si sono sentiti costretti a replicare in modo molto forte e deciso, respingendo l’inequivocabile addebito.
Non me ne vogliano, quegli avvocati, se affermo una banalità di carattere generale: nulla esclude che un difensore, anche contro l’interesse del proprio assistito, divulghi atti di indagine. L’amico giornalista insistente, una calcolata strategia difensiva, o quant’altro. Quello che la dott.ssa Bossi dovrà spiegare bene -perché io dico che dovrà spiegarlo, perché non posso nemmeno immaginare che non gliene venga chiesto conto- è che cosa le abbia consentito di escludere dal novero delle probabilità che il giornalista insistente potesse essere amico, chessò, di un ufficiale di PG che fa le indagini, di un dipendente della segreteria del suo ufficio o di quello del Gip, di un difensore delle parti offese, o di un collega magistrato.
Dobbiamo necessariamente pensare che la Pm abbia notizie certe circa la responsabilità di qualche avvocato, perché diversamente quel pistolotto è una intollerabile, gratuita e gravissima provocazione. E aggiungo che perfino se avesse quella certezza, avrebbe dovuto fare solo una cosa: aprire in silenzio una indagine con imputazione provvisoria a carico del sospettato, non certo diffondere comunicati stampa con annesso sermone sul cattivo difensore. A meno che non ci si debba definitivamente rassegnare all’idea che le indagini penali debbano essere non più governate da rigoroso riserbo, ma invece dalla implacabile diretta streaming. In politica, lo streaming si è dimostrato una pagliacciata senza storia; ma nelle indagini penali, è pura inciviltà. Non c’è da qualche parte un superiore gerarchico (qui mi taccio) o disciplinare che abbia qualcosa da dire in proposito?
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