L'analisi
Il voto Onu contro la Russia, il segnale della Cina tra i 35 astenuti e la ‘sudditanza’ dei paesi africani

Un voto con maggioranza schiacciante e dai tanti significati. I 141 sì nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a favore della risoluzione che condanna l’invasione russa dell’Ucraina, e che chiede contestualmente il ritiro delle truppe del Cremlino dal territorio, sono un segnale evidente di come la stragrande maggioranza dei paesi del mondo è contraria alla folle strategia militare messa in piedi da Vladimir Putin.
Per quest’ultimo il voto di ieri segna in particolare un campanello d’allarme per la posizione ‘defilata’ della Cina. Il gigante asiatico infatti ha deciso di astenersi assieme ad altri 34 Paesi, lasciando nella ridotta compagine fedele allo Zar del Cremlino la stessa Russia, gli alleati bielorussi di Lukashenko, oltre ad Eritrea, Corea del Nord e Siria.
A favore hanno votato anche nazioni storicamente alleate del Cremlino: è il caso della Serbia, tra i pochi Paesi europei a non aver imposto sanzioni contro Mosca, oltre agli Emirati Arabi Uniti, altro Paese dalle strettissime relazioni diplomatiche col Cremlino.
Il ruolo cinese
Del ruolo cinese nel conflitto in corso in Ucraina si discute ampiamente da giorni, col regime di Xi Jinping che tramite il ministro degli Esteri Wang Yi ha assicurato nei giorni scorsi la “disponibilità” di Pechino a “compiere ogni sforzo per porre fine alla guerra sul suolo ucraino attraverso la diplomazia, anche come membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.
Dopo aver espresso inizialmente posizioni più marcatamente vicine a Mosca, la Cina ha progressivamente moderato i suoi toni pubblicamente: una scelta anche frutto dell’irritazione del regime nei confronti di Putin, reo di aver di fatto “resuscitato” la Nato.
In historic “Uniting for Peace” session, #UNGA adopts resolution demanding that the Russian Federation immediately cease its use of force against Ukraine and withdraw its military forces. https://t.co/xWc4QO8ruV pic.twitter.com/NZ5xG7Cfu2
— United Nations (@UN) March 2, 2022
La linea ‘ufficiale’ cinese, spiegata dalla portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, è che l’astensione di Pechino all’Assemblea generale delle Nazioni Unite derivi da una “deplorevole” assenza di consultazioni preventive sulla questione ucraina.
“L’importanza e l’urgenza di promuovere una soluzione politica e l’intensificarsi degli sforzi diplomatici non sono in linea con la posizione e la proposta coerente della Cina. Pertanto, abbiamo dovuto astenerci dal votare la risoluzione“, ha osservato Wang, esortando la comunità internazionale ad “agire in modo responsabile” e a tornare sulla strada della soluzione politica “il prima possibile“.
L’astensione dei Paesi africani
Tra le 35 Nazioni che hanno deciso l’astensione nel voto sulla risoluzione contro la Russia vi sono molti Paesi del continente africano. Una scelta che non sorprende gli analisti internazionali: Cina e Russia da anni stanno lavorando per estendere la propria sfera di influenza in Africa. Non è dunque un caso se i rappresentanti di Angola, Congo, Mali, Mozambico, Senegal, Sudan e Sud Sudan abbiano deciso per l’astensione.
Le posizioni più significative arrivano dalla Repubblica democratica del Congo dove, scrive l’Agi, la gente sarebbe addirittura scesa in strada per manifestare a favore della Russia. È altrettanto dipendete da Mosca il Sudan: il governo autoritario di Khartoum. dopo il colpo di stato del 2021, è fortemente legato al Cremlino visto l’isolamento internazionale. Il Paese potrebbe anche consentire l’apertura di una base navale sulla costa del Mar Rosso, la prima nel continente africano. Una trattativa in tal senso è in atto anche con Mozambico e Madagascar, altri due Paesi che mercoledì hanno scelto l’astensione all’Assemblea generale dell’Onu.
A differenza però del gigante cinese, che usa il suo “soft power” in Africa grazie alla sua potenza economica, la Russia usa è costretta ad una strategia diversa per influenzare i governi locali. Nel continente operano infatti i mercenari della Compagnia Wagner, guerriglieri impegnati nel Donbass e noti per abusi e violazioni dei diritti umani.
In Africa il loro compito è quello di aiutare leader politici dispotici a mantenere il potere e reprimere ogni forma di dissenso: una circostanza già accaduta in Mali, Mozambico, Sudan e Repubblica Centrafricana.
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