I paradossi che gravano su Taranto
Ilva, perché non si può delegare la politica industriale alle Procure
L’incontro di lunedì tra il presidente della Repubblica Mattarella e i tre segretari generali di Cgil, Cisl, Uil – Furlan, Landini, Barbagallo – è stato di grande importanza, per una vertenza che dal 2012 è segnata dallo scontro tra i “poteri” dello Stato e sulla mancanza di equilibrio tra gli stessi. Esercizio per divaricare le posizioni e mai per conciliare le esigenze dell’ambiente, della salute e del lavoro. Una vicenda che potrebbe essere assunta tra le piéces del teatro dell’assurdo di Ionesco, se non fosse tragica realtà di un Paese che è in guerra con se stesso e con l’industria. Nonostante la tregua arrivata con la comunicazione da parte dell’Ad Morselli, sul rinvio dello spegnimento di Afo2 (Altoforno 2), di cui la Procura di Taranto ne aveva chiesto lo spegnimento, prevale ancora molta confusione e incertezza.
Il Procuratore Capo di Milano, Francesco Greco, ha deciso venerdì scorso di esercitare il diritto/dovere di intervento in giudizio ex art.70 c.p.c. nella causa civile di “rescissione” del contratto d’affitto da parte di ArcelorMittal, procedendo all’apertura di un fascicolo in difetto di notitia criminis, cioé di un’ipotesi di reato formulabile allo stato dei fatti.
In tutto ciò, ieri, la Guardia di finanza ha effettuato perquisizioni e sequestri di documenti e materiale informatico sia nel sito di Taranto che nella sede di Milano. Il fascicolo è stato assegnato ai due magistrati incaricati titolari del procedimento relativo alla bancarotta della società Ilva. È importante che il Procuratore riconosca un interesse pubblico occupazionale, ambientale ed economico-produttivo da tutelare nella causa promossa da ArcelorMittal. Ma mi domando, è un paese normale quello in cui per ravvisare un interesse pubblico preminente serve una Procura?
L’ultima comunicazione che ci ha fatto pervenire ieri ArcelorMittal è stata di una richiesta d’incontro per un esame congiunto su ex-articolo 47 (cessazione di ramo d’azienda) che conferma la volontà di Mittal di continuare il suo percorso di restituzione degli assets.
LEGGI ANCHE – Chi governa l’economia? La procura combattente…
Un incontro a cui però, come Fim, Fiom e Uim non andremo, perché l’azienda prima di affrontare qualsiasi ragionamento con noi deve togliere dal tavolo la procedura. È chiaro che al netto della dichiarazioni demagogiche della politica, contro le multinazionali brutte, sporche e cattive, bisogna ritirare subito la procedura ex art.47 altrimenti, se il 4 dicembre l’Ilva in Amministrazione straordinaria non riassumerà celermente tutto il personale oggi ArcelorMittal, la situazione diventerà ancora più drammatica. Ricordo a tutti che AM è arrivata solo un anno fa e che Ilva in 55 anni di vita è stata solo 18 anni privata. A oggi l’azienda ha interrotto lo sbarco delle materie prime, e sta dirottando verso altri siti la produzione di bramme di Taranto. Nel mentre, l’unica operazione che il Governo poteva fare celermente, ovvero re-introduzione dello scudo penale con portata generale, non solo non viene realizzata ma è archiviata come inutile dalla politica. Sabato 16 novembre anche i commissari straordinari di Ilva, Ardito, Lupo e Danovi, hanno consegnato nelle mani del procuratore di Taranto, Capistro, e del procuratore aggiunto, Carbone, un esposto denuncia contenente fatti e comportamenti, inerenti al rapporto contrattuale con Arcelor Mittal, lesivi dell’economia nazionale.
Tanto al fine di verificare la sussistenza di ipotesi di rilevanza penale. Il fascicolo d’indagine avviato dal procuratore di Taranto, Carlo Maria Capistro, a carico di ignoti ipotizza la violazione dell’art.499 del Codice penale: «Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione». L’articolo, di cui non si ricorda giurisprudenza recente, punisce con la reclusione da 3 a 12 anni e con una multa non inferiore a circa 2.065 euro, «chiunque, distruggendo materie prime o prodotti agricoli o industriali, ovvero mezzi di produzione, cagiona un grave nocumento alla produzione nazionale, o fa venir meno in misura notevole merci di comune o largo consumo». Per sostenere tale ipotesi – ora al vaglio della Procura – i commissari ritengono che la decisione di ArcelorMittal di adottare un cronoprogramma per lo spegnimento degli impianti del siderurgico, possa danneggiare gli stessi, dimenticando che però è la stessa Procura di Taranto ad aver chiesto il sequestro di Afo2. O meglio, è stato il custode giudiziario ingegner Barbara Valenzano che, oltre a scrivere le prescrizioni per la Procura, è allo stesso tempo dirigente ambiente della Regione Puglia nominata da Michele Emiliano, il quale adesso dice che per legge Mittal non può spegnere impianti. Mentre fino a ieri diceva che è una fabbrica «totalmente illegale».
LEGGI ANCHE – Ex Ilva, blitz della finanza negli uffici di Arcelor Mittal: sequestrati i documenti
Praticamente siamo al paradosso: se ArcelorMittal fa quello che gli ha imposto la Procura di Taranto, la Procura di Milano lo indaga. E siccome il Governo dice che è illegale, spegnerlo, lo indaga la Procura di Taranto, che però glielo ha chiesto. In mezzo il comune di Taranto e la Regione Puglia che si costituiscono parti civili nel procedimento della procura di Taranto, nella speranza che ora non arrivi una terza Procura a indagare sulla stessa ipotesi di reato. A questo punto ci sarebbe da chiedersi come possa essere definita all’estero un tale stato delle cose, considerando che mai in questo contesto nessun altro privato al mondo verrà a investire su un impianto sotto sequestro e in uno Stato senza certezza del diritto. Un vuoto della politica a cui fa da contraltare un cortocircuito giudiziario che rischia di devolvere agli uffici di Procura le valutazioni di politica economica e il bilanciamento degli interessi in campo attraverso l’interpretazione strumentale di norme di corporativismo economico sepolte nel codice fascista e ripescate alla bisogna .
Insomma, un danno non solo all’economia del Paese ma anche a uno stato di diritto già esangue. Non so se questo potrà salvare i posti di lavoro, ma in compenso farà terra bruciata della credibilità nazionale. Dichiarare di non avere un “piano b” e per questo di “trascinarli in procura” come ha fatto Di Maio, consegna alle tempistiche legali una responsabilità che è tutta politica e che può trovare la soluzione economica, occupazionale e ambientale solo riaprendo il confronto e facendo rispettare l’accordo del 6 settembre 2018. Venerdì probabilmente i Mittal saranno da Conte. Avevamo chiesto di essere insieme al Premier al tavolo di confronto, ci auguriamo che si giri pagina nella gestione della vertenza. Infine, perché non è giusto lasciar correre, Michele Emiliano, durante il Consiglio Regionale di lunedi scorso, ha definito tutti i suoi avversari i “fan dei tumori”. A oggi non abbiamo sentito una parola di distanza dal segretario del Pd Zingaretti. La responsabilità di tollerare le parole di odio nel dibattito pubblico è molto grave ma siamo consapevoli di quanto aiuti i gruppi dirigenti ad allontanarsi dalla ricerca delle soluzioni, dalle loro responsabilità proprio grazie alla ricerca del nemico quotidiano.
© Riproduzione riservata