Primo dibattito tra Trump e Biden, andato in scena nella notte, è stato veramente imbarazzante. Biden raffreddato, affaticato, impreciso, Trump che ha fatto il pieno di bugie. Magari non sarà il dibattito ad influenzare il voto americano, pare che solo per il 16% degli elettori conterà, però se questo è lo stato della democrazia, in un grande, grandissimo paese come quello degli Stati Uniti, devo dire che siamo messi veramente male. Vedendo le immagini il mio ottimismo sul futuro e sul mondo ha un po’ vacillato.

Oggi invece giornali parlano essenzialmente delle nomine in Europa anche se fa capolino una vicenda che imbarazza il partito della Meloni, vicenda relativa all’inchiesta di Fanpage, con video girati di nascosto, in cui i militanti dell’organizzazione giovanile del partito della Meloni si esibiscono in una serie di affermazioni antisemite, richiami alla razza ariana. Un campionario di subculture, una esibizione di ignoranza abissale, di scambi di messaggi all’insegna di chi la spara più grossa.

Trovo questa vicenda poco interessante se non per il fatto che questi fenomeni di subcultura esistono e la società e la politica devono farci i conti. I partiti dovrebbero anche rappresentare dei luoghi di formazione culturale per sconfiggere e superare queste componenti di miseria e di povertà culturale. Naturalmente i partiti non fanno questo ma tendono ad allevare le curve di ultras e questa è una cosa brutta.

A Bruxelles, intanto, la scorsa notte si è chiuso il primo tempo delle nomine Ue e sono state approvate le candidature della vigilia. La notizia è che Giorgia Meloni è stata tagliata fuori in questa prima fase delle trattative: ha votato contro Costa e Kallas e si è astenuta sulla von der Leyen. Al momento il risultato per l’Italia è negativo perché un Paese fondatore della Ue non deve e non può essere tagliato fuori dalle nomine. Il punto è che la Meloni rappresenta oltre che l’Italia anche un partito (Fratelli d’Italia fa parte di Ecr, i corservatori) che non è parte della maggioranza europea. Questo è il motivo per cui Meloni è stata tagliata fuori dalle nomine e ha fatto questa scelta più da capo del partito conservatore che da presidente del Consiglio. Anche in Italia lei è a capo di una maggioranza che esprime tre posizioni diverse in Europa.

Ma per Meloni è e sarà anche peggio restare fuori dalle nomine che verranno. Ecco il dilemma che si pone in vista della stagione delle prossime nomine di peso dove l’Italia non può restare fuori. La trattativa sarà lunga e avrà un passaggio importante il 18 luglio quando il Parlamento europeo dovrà votare la presidente della Commissione a scrutinio segreto. Meloni avrà poche settimane di tempo per capire se essere a pieno titolo una statista che si preoccupa dell’Italia e cerca di strappare i risultati migliori per il Paese o se essere il capo di un partito che fa prevalere gli interessi della sua parte. Non è una sfida assolutamente da poco.