La necessità inderogabile che il giudice appaia imparziale agli occhi delle parti e della pubblica opinione, prima ancora che esserlo, va ben oltre la vicenda della giudice Apostolico, sebbene ormai la foto che pubblichiamo abbia assunto una forza evocativa del problema addirittura iconica. Anzi, il giusto raffreddamento di quella specifica vicenda torna utile al dibattito. La fondatezza e l’equilibrio di quella decisione -peraltro nel frattempo condivisa da altri giudici- è a giudizio della Corte di cassazione, e d’altronde né la conferma, né l’annullamento sposteranno di molto la questione.

È anzi un bene che essa possa essere da noi approfondita ben lontani dalle scomposte reazioni politiche che hanno segnato la vicenda, e che meriterebbero un capitolo a parte. Possiamo in proposito solo dirci allarmati nel registrare censure nei confronti di un giudice sol perché questi abbia adottato una decisione non in linea con gli indirizzi politici del Governo. Ma la questione resta, è molto seria, e segue una scansione logica molto chiara. Il Giudice è un cittadino come gli altri? Nossignore, non lo è. Certamente non gode del diritto di manifestare il proprio pensiero nella stessa misura di un qualunque cittadino. Non può militare in un partito politico, e naturalmente non può esprimere pubblicamente valutazioni sulle vicende giudiziarie delle quali si occupa. Se ne dovrebbe dunque pacificamente dedurre la inopportunità del fatto che il Giudice si occupi, nell’esercizio del proprio magistero, di vicende sulla cui decisione potrebbero anche solo apparentemente incidere o pesare convincimenti ed opinioni eventualmente manifestate pubblicamente come libero cittadino.

Questo per la banale ragione che tale coincidenza vale di per sé a togliere credibilità e credito di imparzialità al suo giudizio su quella materia, o su quell’ordine di questioni. Sconcerta allora che la Magistratura italiana reagisca con tanta veemenza, non cogliendo che il tema della imparzialità apparente dovrebbe stare a cuore innanzitutto al giudice. Qui non è questione di stabilire se quel Giudice, ciononostante, sia capace di restare imparziale. Inutile e fuori fuoco rivendicare onestà e professionalità di quel magistrato. Dovrebbe bastare la sola ombra del sospetto per indurre il giudice ad astenersi, a prescindere dalle sue virtù. Cosa cambia, infatti, se quel giudizio viene affidato ad altro giudice? Null’altro se ne potrà ricavare che vantaggi, rafforzamento della credibilità della giurisdizione, anticipata sterilizzazione di ogni polemica, fondata o pretestuosa che possa essere. Ma questo esigerebbe umiltà, consapevolezza e cura -perfino amorevoli- della propria funzione di servizio verso la collettività, senza arroganza, senza la cocciuta convinzione della propria intangibile incensurabilità, senza questo odioso, ricorrente sentimento di lesa maestà. Ed ecco -vedete- che siamo arrivati al punto.

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