Le parole in un post
“In 12 anni niente è cambiato”, lo sfogo di Raffaele, ex detenuto ora riabilitato, dopo il suicidio del 16enne in comunità
“In quel posto ci sono stato anch’io, e vi garantisco che non è semplice, non ci sono programmi di recupero, volontariato, non si fa sport. L’unica cosa che puoi fare è aspettare la fine della tua condanna”. Si sfoga così su Facebook, Raffaele Criscuolo, commentando il suicidio di Vincenzo Arborea, ragazzo di 16 anni che lunedì scorso si è tolto la vita in comunità a Villa di Briano, nella provincia di Caserta, impiccandosi con la cintura di un accappatoio.
Non voleva starci, in quel posto, e lo ha ribadito anche in un bigliettino lasciato alla madre prima di compiere il gesto. Era stato affidato alla struttura per aver rubato un iPhone lo scorso settembre. “Sbagliare è umano”, ribadisce Criscuolo, che come Vincenzo era andato incontro a misure cautelari per alcune rapine dieci anni fa. Ora che ne ha 25, però, è entrato nella sua nuova vita: grazie all’associazione “Arti e Mestieri” dell’imprenditore Rosario Bianco e del magistrato Catello Maresca è diventato pizzaiolo e un anno fa ha inaugurato il suo locale in via Arenaccia a Napoli.
“Il lavoro nobilita l’uomo – dice oggi – solo che non te lo insegnano in comunità”. Denuncia la mancanza di progetti che avvicinino a una professione i giovani che hanno commesso errori. “Sono deluso – dice – perché dal giorno della mia permanenza sono passati ben dodici anni e vedo che la situazione anziché migliorare è molto peggiorata, tanto che un ragazzino riesce a togliersi la vita e passare del tutto inosservato all’interno della struttura”. I programmi andrebbero “riscritti” e i ragazzi “seguiti anche dopo la loro permanenza in centri di recupero”.
La strada giusta sarebbe quella di accompagnarli “fino alla realizzazione professionale”, quella che lui, fortunatamente, è riuscito ad ottenere. Ma che per tanti come Vincenzo, resta un’ utopia irrealizzabile.
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