In difesa di Calvosa, professoressa spendacciona che ama il lusso. Ma Travaglio quanto ci costa!

Vi ricordate Lucia Calvosa? È una signora con molti titoli professionali e accademici, anche se abbastanza sconosciuta, che ha una cattedra di diritto commerciale e ha partecipato negli anni scorsi ai consigli di amministrazione di molte aziende importanti. Il più importante, credo, dal punto di vista della carriera, è stato il consiglio di amministrazione del Fatto Quotidiano di Travaglio. Quello è stato il trampolino.

Il Fatto condusse una battaglia molto intensa contro l’Eni, negli anni passati, e giusto un anno fa portò a casa un risultato importante: Lucia Calvosa, su indicazione del ministro del Tesoro del governo Conte 2, dopo una lunga trattativa che portò alla sconfitta di Gianni De Gennaro, fu nominata presidente dell’Eni. Con un buono stipendio: 500 mila euro all’anno. Molto oltre il tetto previsto per i dirigenti pubblici, ma il presidente dell’Eni, formalmente, sebbene sia nominato dal governo, non è un dipendente pubblico. Comunque 500 mila euro sono un bello stipendio: parecchio più del doppio dello stipendio del presidente della Repubblica. Ok.

La nomina di Lucia Calvosa sollevò alcune polemiche perché era la prima volta, nella storia delle lottizzazioni, che nella spartizione entrava un giornale. La realtà è che il Fatto Quotidiano partecipò alla divisione delle nomine non come giornale ma come rappresentante dei 5 Stelle. Travaglio si arrabbiò molto per le polemiche, in particolare si arrabbiò con noi del Riformista, che segnalammo il caso, e arrivò a definirci “vermi”. Credo che in particolare si riferisse a me. Io però non lo querelai, intanto perché io non querelo, per principio. Lo ho fatto una volta sola in vita mia, ma poi ci ripensai subito e ritirai la querela. E poi per una seconda ragione, di opportunismo: gli avvocati mi spiegarono che contro i magistrati è inutile querelare, si perde sempre. Capisco l’obiezione: Travaglio non è un magistrato. È una obiezione molto formalistica e priva di valore.

A questo punto voi direte: hai scritto mezzo articolo e ancora non hai dato nessuna notizia. Giusto, un buon giornalista parte con la notizia. Io però non sono un buon giornalista e quindi la notizia la metto a metà pezzo. La notizia è questa: nei primi sette mesi della sua attività di presidente dell’Eni (che non è, peraltro, un’attività particolarmente impegnativa e travolgente) Lucia Calvosa ha speso 206 mila euro di viaggi, alberghi e ristoranti. Il consiglio di amministrazione dell’Eni, in modo molto sommesso, glielo ha fatto notare e le ha chiesto di provare a stare per il futuro dentro i 100 mila euro. Beh, centomila euro come tetto della nota spese, oltre allo stipendio, non è male. Ma a Lucia, sin qui, non son bastati.

Ora io faccio un ragionamento forse campato un po’ in aria. Però magari ha un senso. Ricordo che il mio amico Augusto Minzolini, che è uno dei più illustri giornalisti italiani da almeno 30 anni, quando fu nominato direttore del Tg1, ricevette una carta di credito con la quale avrebbe dovuto pagare le spese di rappresentanza. Lui la usò per una cifra non altissima: 4000 euro in media al mese, per 15 mesi. E presentò alla fine di ogni mese le ricevute che dimostravano dove e come e perché le spese erano state effettuate. La Rai gliele contestò tutte. Non una alla volta: tutte insieme dopo 15 mesi nei quali non aveva avuto obiezioni. Non gliele contestò sommessamente, come ora fa l’Eni con Lucia. Fu minacciosa.

Minzolini, per evitare conflitti inutili, restituì i 60 mila euro contestati. La Rai però si rivolse alla magistratura, Minzolini fu processato, il Pm chiese due anni di carcere, il giudice decise per due anni e mezzo. Il giudice era decisamente imparziale: in passato era stato un esponente del Pd in Parlamento e al governo, mentre Minzolini era parlamentare del centrodestra. Succede. Dico. In Italia succede. Perché al momento non esistono paesi al mondo nei quali un deputato può fare anche il giudice e emettere una sentenza a carico di un suo ex concorrente. Per Minzolini fu una stangata.

Chissà se ora qualcuno si metterà in capo di processare la Calvosa come è stato processato Minzolini. Abbiamo fatto qualche conto. La Calvosa ha speso circa 30 mila euro al mese, cioè 7 volte quello che aveva speso Minzolini (sebbene nel periodo incriminato i ristoranti fossero chiusi per il Covid…). Se dovessimo mantenere le proporzioni di uno a sette, i due anni e mezzo di Minzolini diventerebbero più di diciassette per Lucia… Sto scherzando, naturalmente. La Calvosa non ha commesso proprio nessun reato (come del resto non l’aveva commesso neppure Minzolini): è solo una professoressa un po’ spendacciona e che evidentemente ama il lusso. Anche a me il lusso piace, ma non posso permettermelo. Non è ragionevole nessuna azione giudiziaria contro di lei. Solo un buffetto a Travaglio: Marco, Marco, quanto ci costi!

P.S. Ma se una cosa del genere fosse capitata a un presidente dell’Eni nominato, per esempio, da Renzi? Immagino i titoli sul Fatto. Chissà come sarà pubblicata, domani, sul giornale di Travaglio, la notizia delle note spese di Lucia Calvosa