Mentre la Russia testa i missili balistici per dimostrarsi pronta ad una difesa efficace e letale in caso di attacco Nato, e mentre viene confermata la presenza di soldati nordcoreani in Ucraina, nell’agenda di Bruxelles torna preponderante il tema della difesa comune. Materia delicata e che si riflette non solo sui temi della difesa, della deterrenza e su quella che dovrebbe essere una maggiore sinergia tra le nazioni europee in materia di difesa, e che ad oggi al di là delle politiche interne dei singoli paesi, e al rafforzamento di iniziative già in essere non vede spiragli concreti. Del resto i limiti dell’Europa sono tanti e troppo spesso coincidono con ciò che richiede una forza e una voce che le istituzioni europee non possono o non riescono ad avere.

Le retoriche pacifiste

L’approccio alla Difesa varia da paese a paese e solo con la guerra in Ucraina è tornata ad essere per molti una priorità. Il deficit accumulato in campo militare, l’Europa lo deve recuperare in tempi record, e qui si pagano non poche retoriche “pacifiste” che negli anni passati hanno inciso e non poco sulle scelte dei governi in materia di difesa. Nel caso della Germania pesavano ancora gli equilibri post bellici e gli accordi tra Stati Uniti e Russia all’atto del crollo dell’Unione Sovietica. Ma erano tempi diversi, e ancora si riteneva valida la profezia di Francis Fukuyama con “la fine della storia” e la stagnazione evolutiva. La storia non ha mai cessato di far percepire i suoi colpi, ma da queste parti del globo si è fatto finta di non sentire, visto che tutto avveniva in qualche luogo sperduto, di cui i più non conoscevano nulla e non trovavano neanche una motivazione valida per interessarsene. Poi è cambiato tutto, i carri armati russi hanno invaso l’Ucraina e da allora si è detto “è tornata la storia”, ma la storia non è un esercizio retorico, il ripetersi che qualcosa è in atto e che domani quando la nottola di Minerva avrà spiccato il volo sarà appunto materia su cui meditare.

I parametri

Qui la storia in atto va colta, va compresa analizzata e ponderata. Così come è chiaro a tutti che, come ha sostenuto saggiamente sin dall’inizio del riarmo europeo il ministro Crosetto, non è possibile affrontare gli investimenti richiesti senza che l’Europa scorpori le spese per la Difesa dal deficit, unico modo per rispettare gli obiettivi della Nato, che ad oggi, rispetto a future quanto futuristiche difese comuni europee, è qualcosa di concreto. Sul punto era intervenuto anche il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo, parlando di “come l’Italia, anche gli altri paesi europei aderiscono alla Nato, ma i parametri di bilancio che l’Europa si è data ‘non si parlano’ con quelli della Nato” e aggiungendo di “far parlare” i parametri europei con quelli della Nato. Finora è come se la mano destra non sapesse cosa fa la sinistra.

Il ritorno di Trump

Questo a dimostrazione di quanto dalle regole europee dipende molto di quello che gli Stati potranno fare in materia di investimenti in campo militare, in vista anche di un possibile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump che potrebbe accelerare la richiesta di raggiungere l’obiettivo fatidico del 2% del Pil. Ma al di là di quello che potrebbe essere l’indirizzo della Casa Bianca e dei toni da campagna elettorale, sul tema si varia poco tra democratici e repubblicani: è nell’interesse delle nazioni europee quello di trovarsi pronte ad affrontare le sfide del presente e del futuro. Sul punto è intervenuta la Commissione europea che prova a farsi largo nella nebulosa e fitta rete di sospetto che sul tema “difesa” oltre il recinto Nato provoca non pochi sussulti a molti quando si parla di “condivisione”.

L’autosufficienza in caso di emergenze

Secondo Sauli Niinistö ex Presidente della Finlandia e oggi consulente della Commissione europea: “Nonostante le misure adottate negli ultimi anni per migliorare la preparazione, l’Ue e i suoi paesi membri non sono ancora completamente preparati per gli scenari di crisi intersettoriali o multidimensionali più gravi”. Sempre secondo il rapporto di Niinistö, infatti, per prepararsi “agli scenari peggiori” è necessario “promuovere un obiettivo di autosufficienza di 72 ore attraverso campagne informative coordinate”, con lo scopo di “garantire che le famiglie in tutta l’Unione siano preparate per un’autosufficienza di base minima di 72 ore in diversi tipi di emergenze e tenendo conto delle differenze nazionali”. Uno scenario di guerra che forse non è ancora pienamente compreso da tanti.

Per rendere tutto ciò possibile e non pura utopia tra le utopie europee, l’Unione deve “rendere disponibili i finanziamenti necessari a livello europeo per incentivare e rafforzare le capacità congiunte”. Il tutto secondo il rapporto parla del 20% del bilancio UE. Del resto senza soldi non si cantano messe e non si muovono le armate.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.