Il 35enne era gravissimo, medici lo hanno praticamente adottato
In fuga dalla Costa d’Avorio e salvato a Napoli, la storia di Mory: aveva la schiena ricurva e la tubercolosi

L’emozione di muovere i primi passi e respirare per Mory deve essere stata enorme: ivoriano, 35 anni, quando un anno fa è arrivato al Policlinico Luigi Vanvitelli di Napoli era gravissimo. Aveva una grave forma di tubercolosi e una gravissima spondilodiscite dorsale, chiamata Morbo di Pott, che lo costringeva a stare con la schiena curva senza poter nemmeno camminare. Ma i medici del policlinico napoletano si sono presi cura di lui per un anno intero, lo hanno curato lavorando in squadra e mettendo insieme diverse specializzazioni, e si sono presi cura di lui come se lo avessero adottato. E Mory è guarito: in una foto bellissima lo si vede in piedi in mezzo a medici e infermieri che lo hanno aiutato.
Mory ha affrontato un viaggio della speranza, un’odissea come tanti altri migranti che partono dalle coste africane per cercare salvezza in Europa da guerre e carestie. Quando è arrivato a Napoli stava malissimo: un caso complesso tanto da richiedere il lavoro sinergico della Clinica di Malattie Infettive diretta dal professor Nicola Coppola, della Chirurgia Toracica diretta dal professor Alfonso Fiorelli e della Clinica Ortopedica diretta dal professor Enrico Pola. “L’uomo è arrivato da noi affetto da un forma diffusa di tubercolosi polmonare – hanno spiegato i clinici – associata ad un importante accumulo di pus e ad una gravissima spondilodiscite dorsale, chiamata Morbo di Pott, che causava una grave compressione del midollo”. Mory non riusciva a stare in piedi e quasi più nemmeno a respirare, la malattia era in uno stato avanzatissimo, l’infezione gli aveva divorato parte della colonna vertebrale.
Mory era solo, la famiglia lontana e chissà dove, senza amici né lavoro. Non aveva con se nemmeno vestiti, solo un bagaglio pesantissimo di sofferenza. Ben presto si è accorto che nel policlinico napoletano c’era una vera e grande famiglia: subito tra medici e infermieri e tutto il personale è partita la gara di solidarietà. Lo hanno praticamente adottato, aiutandolo a risolvere i problemi con i documenti e anche comprando a propie spese il pigiama, le pantofole e piccoli beni per tutti i giorni. E intanto lo sottoponevano ad attente ed efficaci cure.
“L’uomo aveva un crollo in cifosi della colonna toracica – proseguono i medici che lo hanno tenuto in cura – ed una paraparesi con un deficit degli arti inferiori”. I problemi di salute erano tanti e così l’equipe di medici ha iniziato a operare risolvendo un problema alla volta. Risolta l’infezione tubercolare è stato poi ricoverato presso il reparto di Ortopedia e, a ridosso dell’Epifania, si chirurghi hanno studiato e realizzato un intervento combinato di chirurgia Ortopedica (realizzato dal professor Pola) e di Chirurgia toracica (realizzato dal professor Fiorelli). Circa 12 ore di sala operatoria, per un intervento reso possibile anche dall’assistenza dello staff anestesiologico coordinato dalla professoressa Caterina Pace. Due le fasi che hanno caratterizzato questo delicatissimo intervento. In un primo momento, l’equipe ortopedica è intervenuta sulla schiena di Mory, decomprimendo il midollo spinale e stabilizzando il rachide dorsale correggendo la cifosi.
La seconda fase dell’operazione è servita invece, accedendo dal torace, a liberare finalmente il polmone e la colonna vertebrale dal pus creatosi a causa dell’infezione tubercolare. Poi, gli ortopedici hanno ricostruito per via anteriore la colonna vertebrale ormai completamente erosa dalla tubercolosi. È stato necessario sostituire quattro vertebre usando una speciale struttura espandibile in titanio. “Il decorso – concludono i clinici – è andato per il meglio, grazie al grande lavoro di squadra e all’organizzazione messa in campo dalla Direzione Strategica della nostra Azienda Ospedaliera Universitaria”. Ora Mory riesce a respirare normalmente, può stare diritto in piedi e riesce già a fare i primi passi. Una rinascita che un anno fa sembrava impossibile. “La multidisciplinarietà e l’altissima specializzazione che contraddistingue le nostre unità operative – commenta il Direttore Generale Ferdinando Russo -, la capacità di coniugare al meglio l’anima universitaria a quella clinica, ci consente di offrire ai nostri utenti un’offerta assistenziale d’eccellenza”.
© Riproduzione riservata