Il popolo ucraino non dimentica gli amici a 4 zampe
In fuga dall’Ucraina con cani e gatti: chilometri a pedi per salvarli, in Italia la solidarietà dell’adozione

L’immagine della famiglia di Irpin trucidata mentre cercava di fuggire in un luogo sicuro ha fatto il giro del mondo diventando una delle foto simbolo del conflitto. Nell’immagine il corpo di mamma e due figli adolescenti riversi sull’asfalto coperti solo da una tovaglia a fiori e accanto un trolley grigio e un trasportino vede con dentro il loro cane.
Alisa di 9 anni e Miketa di 18, assieme alla mamma, Tatiana di 43 anni, volevano scappare e non avrebbero mai lasciato il loro cane, lo stavano portando con loro, era un pezzo della loro famiglia, e con loro ha trovato la morte. E così tantissimi altri ucraini in fuga. Il papà di quella famiglia sterminata a Irpin, affranto dal dolore, ha voluto personalmente dare sepoltura anche al cagnolino morto. Nella sua gabbietta la moglie aveva nascosto i gioielli di famiglia.

C’è chi non avrebbe mai lasciato i suoi cani ed è rimasto con loro sotto le macerie di quel che resta della propria casa. “In settimana partiremo per l’Ucraina per andare a prendere 19 cani. La loro proprietaria non ha voluto lasciarli, nonostante la guerra”, ha raccontato a LaPresse Giusy D’Angelo, esperto cinofilo e membro della Giunta nazionale Enpa. “Andremo a prendere lei e i suoi animali e li porteremo in Italia, al sicuro”.
Poi c’è chi ha tardato la fuga perché non sapeva come trasportare il cane o il gatto. Tante le immagini dai ricoveri sotterranei dove trovano rifugio anche gli amici a quattro zampe. Le stazioni pullulano di bambini che tengono al guinzaglio i loro cagnolini. Poi c’è l’immagine di una bimba che nasconde il gattino nel cappotto: lui gli sta aggrappato al collo con gli occhi sbarrati di paura.


Un altro uomo ha camminato a piedi per chilometri per raggiungere il confine polacco. Sulle spalle aveva il suo cane che a 12 anni era troppo vecchio per farcela sulle sue zampe. Ma il suo padrone non lo avrebbe mai lasciato lì. Il popolo ucraino non ha dimenticato nessuno di loro.
“Vedere le immagini dei profughi dell’Ucraina fuggire dal loro Paese con in braccio cani e gatti è un grande segnale di umanità, nonostante la disgrazia”. Lo dice a LaPresse Carla Rocchi, Presidente nazionale Enpa. “Nessuno di loro, sebbene stia vivendo una tragedia, è disposto a lasciare indietro un pezzo di sé, della propria famiglia”, prosegue. “Inoltre è un sentimento condiviso: sia da chi compie quel gesto sia da chi osserva. Nessuno, tra chi ha visto quelle immagini, ha osato criticare, insinuando che sarebbe stato meglio aiutare un essere umano piuttosto che un animale”, sottolinea Rocchi. “Credo anche che il fatto che tutto questo sia avvenuto mentre in Italia i diritti degli animali entravano per la prima volta nella Costituzione sia un messaggio molto importante”, conclude.

Decine di cani e gatti vengono evacuati in Germania dal canile di Odessa. Lo ha riferito l’ente di beneficenza ‘Rifugio per la protezione e l’assistenza degli animali randagi’, secondo quanto riportano i media ucraini. Il canile si trova vicino all’aeroporto internazionale ‘Odesa’ ed è diventato un luogo ad alto rischio per le operazioni belliche in corso.


“Sono tantissime le richieste di adozioni di animali provenienti dall’Ucraina. Ma voglio fare un appello ad una adozione consapevole: si tratta, infatti, di animali traumatizzati. Spesso, per colpa delle bombe, sono intolleranti ai rumori”. Lo spiega a LaPresse Giusy D’Angelo, esperto cinofilo e membro della Giunta nazionale Enpa. “Nella migliore delle ipotesi – sottolinea – sono cani e gatti stressati, per il lungo viaggio fino in Italia. Potrebbero quindi aver bisogno d’aiuto dal punto di vista comportamentale, e motivo e veterinario. Bisogna valutare bene se si è pronti ad adottare un animale, perché attraversare l’inferno dell’Ucraina per poi finire abbandonato in Italia sarebbe davvero un’assurdità”, conclude.
“Non ci risultano animali abbandonati al confine con la Slovenia e la Polonia”. Lo dice a LaPresse Giusy D’Angelo, esperto cinofilo e membro della Giunta nazionale Enpa. “Tuttavia, ci sono stati casi in cui i profughi ucraini che hanno portato con sè il proprio animale domestico, una volta arrivati in Italia, si sono visti rifiutare l’accoglienza perché cani e gatti non venivano accettati dalla struttura. Ma piuttosto che abbandonarli li hanno lasciati in un rifugio, mentre cercavano una nuova sistemazione”.

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