L’evoluzione drammatica del conflitto lungo la “Linea Blu” – il confine di demarcazione ufficializzato dall’Onu il 7 giugno del 2000 allo scopo di verificare se tutte le truppe israeliane avessero o meno abbandonato il territorio libanese – ha posto sotto gli occhi di tutti i limiti, le difficoltà e persino le incongruenze della missione Unifil delle Nazioni Unite, guidata dal contingente italiano con l’operazione “Leonte”. Limiti che non possono essere di certo attribuiti alla professionalità – indiscussa – o all’impegno dei nostri militari e anche dei componenti degli altri contingenti partecipanti alla missione, al contrario essi subiscono la follia delle regole d’ingaggio istituite dalla Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. Regole che come spiegato dallo stesso Capo di Stato Maggiore della Difesa gen. Luciano Portolano, hanno reso inefficaci le ragioni stesse della missione. Portolano ha parlato di “frustrazione anche verso la popolazione locale”. Difatti l’Italia da tempo, non solo ora che la situazione sta degenerando, ha sollecitato le Nazioni Unite ad ampliare le “regole d’ingaggio”, per consentire cosi agli operatori Unifil di ottemperare pienamente alle loro funzioni.

La missione

Il contingente Unifil deve operare sotto lo stretto coordinamento con le forze regolari libanesi, e disarmare Hezbollah e vanificare in “teoria” il traffico d’armi e rifornimenti diretti ai miliziani sciiti, e distruggere le postazioni di lancio dei razzi diretti sul nord di Israele. Senza dimenticare che le forze libanesi regolari – quelle che dovrebbero coordinare le attività – non hanno mai interrotto i rapporti con Hezbollah e con il suo braccio armato che controlla una grossa fetta di territorio del paese dei cedri. Anzi è avvenuto che sotto gli occhi di Unifil, Hezbollah – come denunciato da Israele – si è ampiamente riorganizzato nel sud, pronto a sferrare gli attacchi contro lo Stato ebraico, cosa che non cessa di fare dal 7 ottobre 2023.

Le regole d’ingaggio

La mancata implementazione delle regole d’ingaggio ha permesso la proliferazione di Hezbollah e l’aumento della sua pericolosità, minaccia che Israele non può tollerare. Ad oggi infatti i militari di Unifil possono fare uso della forza solo per autodifesa e in maniera proporzionale alla minaccia. Dunque come si può in queste condizioni sgominare i terroristi di Hezbollah? La risposta è sotto gli occhi di tutti ed è l’operatività di Hezbollah che facendosi scudo dei continenti Unifil ha proseguito a colpire il territorio Israeliano e seguitare in tutta la sua attività terroristica.

Il nord d’Israele

Ad oggi sono 70 mila gli sfollati nel nord, cittadini arabo-israeliani, drusi, che vivono costantemente sotto la minaccia dei razzi e delle incursioni da parte di Hezbollah. Per non parlare dei vari incidenti che dal 2000 ad oggi hanno interessato anche l’esercito libanese lungo quella linea che dovrebbe rappresentare una zona cuscinetto. Lo stesso Libano è sotto scacco del “partito di Dio” e delle sue milizie, ma questo sembra non disturbare l’Onu e tantomeno il suo Segretario Generale Guterres, troppo impegnato ad attaccare Israele per rendersi conto che la missione Unifil è un fallimento, per la sola ragione che non si può contrastare un gruppo terroristico ramificato come Hezbollah, finanziato dall’Iran con delle regole d’ingaggio adatte al massimo al pattugliamento di un quartiere residenziale. Cosi come non è pensabile che Israele potesse all’infinito, al di là di quanto avvenuto il 7 ottobre 2023, tollerare ad oltranza una situazione che ha sin dall’origine una criticità di fondo, che è quella di non tener conto del fallimento del Libano come Stato e della regia iraniana sui gruppi terroristi operanti contro lo Stato ebraico.

L’attacco all’Idf

Non ci sono dubbi che il ferimento di operatori della Missione Unifil debba essere condannato senza alcun tipo di tentennamento, ma è altresì necessario non far finta di non vedere il fallimento di una missione che dal 2000 a oggi non è riuscita a fermare Hezbollah. L’attacco alla base di Haifa da parte dei miliziani sciiti rischia di alzare ulteriormente la tensione, cosi come o l’Onu avrà il coraggio di dotarsi e dotare i “caschi di blu” dell’autorità e degli strumenti necessari, oppure in Libano erigerà la pietra tombale sulla propria credibilità agli occhi del mondo intero, coi rischi che già oggi è facile intuire.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.